Quei tritacarne degli anni '90
Il 14 Aprile 2000 esce American Psycho, tratto dall'omonimo romanzo di Bret Easton Ellis. La regista, Mary Harron, decide di portare con sé Christian Bale, nei panni del protagonista Patrick Bateman, e Willem Dafoe in quelli di un investigatore. Questi i nomi più importanti, finora. Ma prima la trama: Patrick Bateman è un giovane e lavora a Wall Street, nella compagnia del padre. Di giorno sembra un ragazzo normale, ben vestito e coi capelli sempre in ordine, ma di notte si trasforma in un killer spietato, a volte per vendicarsi di per presunti torti subiti, altre solo per soddisfare una sfrenata lussuria. L'esito è sempre lo stesso: uccide uomini e donne. Accanto alla vicenda principale, ovviamente se ne snodano molte altre, ricche di intrecci particolari, al punto da farci spesso dubitare su cosa stia realmente accadendo, se si tratti solo della pura fantasia malata del protagonista. Patrick è certamente il soggetto più interessante di tutto American Psycho. Si descrive egli stesso così: «Ho tutte le caratteristiche di un essere umano: carne, sangue, pelle e capelli. Ma non un solo, chiaro e identificabile sentimento, a parte l'avidità e il disgusto».
Esprime parole molto chiare per descriversi, sono lucide e probabilmente non avrebbe potuto pronunciarle di migliori. Vedere Christian Bale, attore certamente camaleontico, calarsi in un personaggio così psicologicamente instabile, fu comunque molto scioccante, per chiunque. Il suo Bateman, da giovane yuppie che si rispetti, cura molto il suo aspetto esteriore: ogni mattina la sua attenta routine nel lavarsi, pettinarsi e praticare dello sport è sicuramente il primo segnale a mostrare come sia diverso dagli altri. È una sorta di Dorian Gray, un narcisista affascinato dalla sua stessa bellezza il quale, attraverso riti quotidiani e ossessivi gesti ripetuti, miranti alla perfezione, nasconde una personalità violenta e psicotica. Nel rapporto con le donne straripano entrambe. Bateman va alla ricerca di prostitute: le porta a casa, le filma mentre le violenta e le tortura. Solo così sembra trovando un senso di potere assente nella sua tipica giornata di lavoro.
L'unica a non subire tutto questo è la sua segretaria, Jean, interpretata da Chloë Sevigny: è la sola a soddisfare i suoi bisogni giornalieri, facendo tutto quanto le chieda. È una protetta, sebbene ignara della mente contorta e malata del suo capo; rimane in tutta la vicenda una fedele compagna e in qualche modo sarà il motivo per cui Bateman rinsavirà, denunciandosi al suo stesso avvocato. Il romanzo American Psycho voleva essere una denuncia della società americana degli anni '90, vuota e strettamente legata al consumismo. Bateman la incarna perfettamente. Il suo completo ben stirato, i suoi capelli sempre in ordine e il lusso di cui si circonda non gli bastano; la violenza diventa il veicolo per sentirsi diverso dai suoi colleghi, ugualmente incravattati e ben sistemati. Il finale di American Psycho rimane, però, un mistero per molti; lascia aperte numerose interpretazioni e insinua il dubbio su cosa sia accaduto realmente e su quanto fosse, invece, frutto della fantasia perversa del protagonista. Quale che sia l'angolazione, però, resta comunque un grande senso d'inquietudine e disagio.
di Elisa Sini
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