Cell
«Dobbiamo fermarli»
Nella vita ho poche certezze: Megan Fox non verrà mai a chiedermi di sposarla, i Metallica non mi prenderanno a suonare con loro, nonostante la mia innegabile bravura a suonare i campanelli e scappare velocissimo, non vedrò più un bel film tratto da un libro di Stephen King dopo Il Miglio Verde. Negli ultimi anni, Hollywood ci ha regalato vere e proprie schifezze tratte dai libri bellissimi del Maestro: impossibile dimenticare The Mangler, L’Acchiappasogni, o 1408. I lettori sono rimasti impietriti vedendo in quale modo alcune delle storie fossero state completamente banalizzate o stravolte, come il livello generale dei film fosse decisamente basso. Stavolta il trattamento è toccato a Cell, libro del 2006 con tematiche che variano dall’Horror al Post-Apocalittico: un virus trasforma tutte le vittime in una specie di zombie aggressivi e violentissimi. Fin qui sembrerebbe la solita minestra riscaldata, ma la particolarità sta nella trasmissione dell'infezione, veicolata non tramite contatto, inalazione o morso, ma mediante il cellulare. Tu stai parlando con tua suocera e bam! Sei un essere lobotomizzato e vuoi mangiare il tuo vicino di casa. Ok, esempio sbagliato: questa è la normale reazione a una telefonata di vostra suocera: diciamo che sei lì a ordinare una pizza a domicilio col tuo fichissimo smartphone e bam! All’improvviso hai voglia di spolpare il ragazzo delle consegne e non la capricciosa ordinata. Per sfortuna dello spettatore, il virus non colpisce il protagonista della storia, interpretato da John Cusack, copia cinese di Edward Norton. Ormai l'attore, nonostante in passato abbia lavorato in film degni di nota, è una garanzia sulla tipologia delle pellicole dove presta il suo sguardo sottile: Buste assicurate. Pure in questo caso non fa eccezione. Cell ha per protagonista Clay Riddell: disegnatore di fumetti, si trova nell’aeroporto di Boston e sfugge al contagio grazie al fatto d'avere il cellulare scarico. Quando tutto il mondo intorno a lui comincia a impazzire, per prima cosa indossa un cappello: forse è un suo gesto scaramantico, perché durante il film lo farà diverse volte.
Cercherà di salvare la pellaccia sfuggendo in maniera mirabolante a centinaia di persone desiderose di fare uno snack con le sue falangi e a un paio di aeroplani che si scontrano in volo e precipitano al suolo. Sì, anche a me è ronzata in testa la vostra domanda: chi diavolo stava al telefono in aereo in fase di decollo o d'atterraggio? Comandanti e hostess poco attenti a parte, Clay raggiunge la metropolitana dove vi trovano altri rifugiati, fra cui il conducente Tom McCourt, omosessuale di mezz’età ed ex-militare interpretato da Samuel L. Jackson. L'attore è praticamente ovunque e ultimamente ho paura di ritrovarmelo in cassa al supermercato, a puntarmi una pistola in faccia: «Hai dei fottuti buoni sconto?». I due partiranno insieme per cercare di raggiungere la moglie e il figlio di Clay: dopo diverse avventure al limite dell’imbarazzo e qualche morte random di personaggi minori, si unirà a loro Alice, una ragazza di 15 anni che ha visto impazzire la madre e ne rimane sconvolta per meno di cinque minuti. Duole dirlo, ma per quanto riguarda la sceneggiatura pure Stephen King sembrerebbe in parte responsabile, in quanto ne risulta co-autore. I nostri tre eroi, fra serate in relax fra alcolici, sigari e chiacchiere banali che fanno rimpiangere le conversazioni in ascensore con la signora Marta del quinto piano, arriveranno in una scuola gestita dal vecchio preside e da Alex, un ragazzino di dodici anni. Sarà divertente vedere come per questi due l’invasione dei «cellulati», il nome con il quale chiamano gli umani colpiti dallo strano virus, non sembra aver avuto troppo peso. Infatti, se ne stanno tranquilli nelle loro giacche di tweed, a guardarli mentre riempiono l’intero campo da football della scuola.
Nel frattempo, i cellulati stanno subendo una specie d'evoluzione: hanno una mente collettiva che li guida e li mette in condizione di condividere informazioni; preparano attacchi combinati e trappole, ma ogni tot di ore cadono in uno stato di trance che li lascia a terra, inerti. In questa fase trasmettono dai loro corpi musica e altri segnali. E qui c’è il colpo di genio del regista. Sa che sta prendendo in giro tutti gli spettatori richiamati nelle sale dal nome di Stephen King e quindi, per farsi odiare ancora un po’ di più, fa cantare alla massa di cellulati la canzone del troll, ovvero la Trolololo’s Song. Lo giuro: non sto scherzando. Non potevo credere alle mie orecchie durante la visione del film, ma la canzone è citata anche durante i titoli di coda e quindi m'è toccato farmene una ragione. Per rappresaglia al trollaggio, i nostri eroi decidono di dare fuoco a tutti i cellulati dormienti sul campo, ottenendo di far abbastanza incazzare la mente collettiva dei telepazzi. Il viaggio riprende e il gruppo si avvia verso una località nel Maine, dove sembra si stiano rifugiando tutti i sopravvissuti. Durante il tragitto, però, incontrano un’altra comunità di persone dirette alla stessa meta: trovano rifugio in un bar e scatta prontamente un’altra serata di alcol e balletti, quando a pochi metri da loro c’è l’apocalisse. Sarà la sbornia, ma nel corso della notte tutti cominciano ad avere incubi aventi per protagonista un misterioso tizio con una felpa dal cappuccio rosso. Nel frattempo, una delle nuove arrivate, una milf la quale durante la catastrofe andava in giro con vestitino elegante e tacchi alti, compie una delle azioni più stupide della storia del cinema, che la candida automaticamente alla finale del premio Prometheus, in onore al biologo che su un pianeta alieno trovava una creatura xenomorfa mai vista e, da bravo studioso, decideva di toccarla. Grazie al gesto della signora, il gruppo si riduce nuovamente ai minimi termini e il protagonista, il quale nel frattempo non ha fatto praticamente nulla, si rende conto che il tizio con la felpa rossa è proprio il personaggio del suo fumetto: decide d'andare ad affrontarlo da solo, per salvare suo figlio.
Il finale merita d'essere visto, perché è in perfetta sintonia con il resto di Cell. Un film che fallisce totalmente sia come horror, sia come post-apocalittico o catastrofico, un'impresa non facile, considerando l'ampia gamma di possibili riferimenti cui aspirare. Pur non avendo letto il libro da cui è tratto, sono un grande fan di Stephen King. Quando colmerò la lacuna, sono sicuro già da adesso di verificare una certezza: i due prodotti saranno totalmente lontani l’uno dall’altro. Comunque, Cell ha un lato positivo. È una Busta e quindi vederlo insieme a tantissimi amici, magari dopo qualche birra, lo renderà bersaglio continuo di battute e risate, complice anche la voce buffa del doppiatore di John Cusack, in grado di togliere all’attore anche quel minimo di credibilità rimasta. Una valida alternativa ai vari film di squali giganti contro mega molluschi, con cui passare una calda serata estiva.
di Daniele Kinder Rea
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In questa recensione sono citati:
• 1408
• L’Acchiappasogni
• Cell (libro)
• The Mangler
• Il Miglio Verde
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