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Death Note
«Iniziamo»
Non è tutt'oro quello che è Netflix. Già da questo incipit dovreste aver capito che parleremo di Death Note, il film prodotto dalla piattaforma digitale più amata da tanti di noi, che s'ispira al noto (e idolatrato) manga, poi trasposto in un ancor più acclamato anime, poi approdato al live action con un paio di film apprezzati dagli appassionati e, infine, arrivato nelle grinfie degli americani.
Partiamo da Death Note, il manga. Non c'è bisogno di dire quanto potente sia il plot dell'opera: a un uomo egocentrico e narcisista è dato il potere di un Dio. Se anche solo una parte di voi sente un brivido lungo la schiena al solo pensiero, non preoccupatevi: vuol dire solo che siete ancora umani e sani di mente. Citazioni a parte, Death Note fonda il suo immenso successo sull'avere due personaggi molto simili, entrambi geniali, contrapposti in una partita a scacchi dove la posta in palio sono le anime dell'intera umanità. Light e L sono avversari, ma il loro rapporto s'esalta nella sfida continua che li vede avversari e questo è l'aspetto migliore del manga. Ci si sarebbe aspettato di vedere almeno un accenno di questo enorme punto di forza nel film Netflix. C'è qualcosa, ma ci troviamo di fronte quasi a un teen movie horror, con personaggi che delle loro controparti cartacee non hanno nulla, o quasi. Gli sceneggiatori di Death Note hanno letto il manga con attenzione? Pare di no, perché sembra che di tutti i forti simbolismi (la mela, la lotta tra luce e ombra, il fanatismo religioso) non sia rimasto nulla e che il solo aspetto sul quale si sono concentrati sia l'esistenza di un quaderno capace d'uccidere la persona il cui nome è scritto sulle sue pagine. L'espediente del Death Note era bellissimo nel manga, ma anche la parte forse meno ispirata di tutta l'opera. Era una cosa luccicante, ma il vero oro si trovava in quanto L e Light erano, facevano ed escogitavano. Ora, per stessa ammissione di Netflix, il film è solo ispirato al manga, peccato il continuo rimando per tutta la durata al Death Note così amato e conosciuto.
I due protagonisti, infatti, sono solo ombre delle controparti cartacee. Un pelino meglio L, il quale all'inizio del film sembra molto simile alla versione del manga, sebbene verso il finale mostri un'impulsività molto stonata rispetto al carattere mostrato in tutta la prima parte. Light, invece, è lontanissimo dall'egocentrico originale: più umile e tormentato dai dubbi dell'omonimo, potrebbe anche piacere a un certo pubblico, ma le scarse doti interpretative dell'attore scelto (Nat Wolff) lo mortificano in più di una scena. Il rapporto tra i due, poi, è assolutamente lasciato in ombra e quando finalmente s'arriva al dunque, tutto scorre tanto veloce che pare di vedere una puntata dell'ultima stagione di Game of Thrones. Decisamente manca il gioco del gatto col topo, che davvero rendeva ogni capitolo del manga e ogni episodio dell'anime qualcosa che teneva avvinti allo schermo, con un climax sempre in crescendo. Qui si corre un po' troppo: purtroppo, la sceneggiatura preferisce dare più risalto alla love story tra Light e Mia, il vero motore delle azioni di lui, mentre lei si comporta come il Light originale. È machiavellica, fredda e spietata: una scelta di scrittura finalizzata a dare una connotazione da drama a tutto il film. Il lato horror di Death Note è invece cristallizzato nelle morti, che ricordano molto quelle di Final Destination. La prima, in particolare, sembra una citazione del secondo film della serie, ma tutte soffrono questo impietoso paragone. Contribuisce anche la caratterizzazione di Ryuk: animato da Willem Dafoe, sulle cui doti non serve spendere parole, appare come un vero demone. Sempre inquadrato nell'ombra, prende parte attiva all'utilizzo del Death Note da parte di Light, allontanandosi tantissimo dal Ryuk distaccato e fondamentalmente neutrale, al più divertito delle umanissime vicende degli altri personaggi, al quale eravamo abituati. Altre scelte che portano Death Note a perdere moltissimo del suo fascino originale, più sottile e mentale: nel film c'è molto di quanto doveva mancare e pochissimo di quanto doveva esserci.
Chi ha apprezzato questo Death Note di Netflix suggerisce di non tenere conto del manga: missione impossibile, però, in considerazione di tutti i riferimenti che gli stessi autori hanno preso e inserito nel film, a partire dagli eventi del manga, condensati male e senza riuscire a sfondare mai. Chi ha amato l'originale cartaceo, troverà questo Death Note sembra poco rispettoso; gli appassionati di cinema di genere, lo troveranno un prodotto appena sufficiente e piuttosto ingenuo, in più punti. Un tentativo fallito di mediazione tra due culture diverse, quella giapponese e quella americana. Lo stesso finale risente di questa impostazione ed è davvero discutibile, ancora una volta per entrambe le tipologie di pubblico. E, infatti, in rete si grida allo scandalo: un dolore utile, forse, per spingere Netflix o altre produzioni a osare di più e non solo quando prendono i diritti di un manga.
di Alessandro Sparatore