Abiti su misura
Certi film non si scordano mai. Conobbi Donnie Darko e me ne innamorai perdutamente una notte d’inverno di quasi 15 anni fa. Non ero più una ragazzina ma, sin dai primi fotogrammi, sentii che i sentimenti provati da quel ragazzo mi appartenevano e mi disorientavano alla sua stessa maniera. Sarà che grazie o malgrado la sua malattia Donnie riusciva a vedere e sentire quello che molti altri nascondono in quel posto segreto che è il subconscio. Sarà per il disagio avvertito verso una società bigotta e ipocrita, intrisa di perbenismo e che esprimeva il suo verbo attraverso la voce di predicatori moralisti e conformisti, che nel privato però calavano la maschera, rivelando tutta la loro mostruosità. Sarà che Donnie Darko s'è preso carico del disagio adolescenziale che investe moltissimi suoi coetanei, alla ricerca del proprio posto nel mondo, e non ha trovato nessuno che abbia avuto il coraggio di ascoltarlo; al contrario, l’unica risposta ricevuta è stata quella della società medio borghese che lo circondava, recapitata attraverso la voce di un impostore, personificato nei panni di Jim Cunningham (Patrick Swayze), un santone moderno, maestro di vita e pedofilo.
È così che la Middlesex di Donnie Darko simboleggia il micro luogo in cui la malattia che investe il sordo sistema educativo occidentale si sviluppa e attecchisce. All’alba del 2 Ottobre 1998, Donnie Darko (Jake Gyllenhaal), un adolescente affetto da schizofrenia, pedala verso casa, in pigiama, sulle note del celebre brano degli Echo and the Bunnymen, The Killing Moon. Durante la notte, il motore di un aeroplano è piombato proprio sulla sua camera da letto, distruggendola. A condurlo fuori dall’abitazione, salvandogli la vita, la voce tenebrosa di un coniglio antropomorfo, Frank, suo amico immaginario. Al risveglio da quell’episodio di sonnambulismo, il ragazzo s'accorge di avere una scritta sul braccio, la stessa frase che Frank continua a ripetergli insistentemente: «28 giorni, 6 ore, 42 minuti, 12 secondi. Ecco quando il mondo finirà!». Da quel momento strane coincidenze cominciano a ricucire la tela di un annunciato destino: dall’incontro con Nonna Morte, una stravagante vecchietta additata come pazza dai concittadini, al colloquio col suo professore di fisica, che gli illustra le teorie spazio-temporali e la dinamica dei viaggi nel tempo, consegnandogli un libro scritto proprio dall’anziana donna, anni addietro, La Filosofia dei Viaggi nel Tempo.
Donnie Darko comincia allora a interessarsi alla teoria degli universi tangenti e delle dimensioni parallele, che nel film lasciano spazio a infinite congetture che il regista non ha mai confermato, e finisce per convincersi di poter impedire la fine del mondo. La distanza fra le sue allucinazioni e la realtà s'assottiglia sempre di più, fin quasi ad annullarsi, e il dominio di Frank sulla sua mente lo spingono pian piano al sacrificio e all’autodistruzione. Donnie Darko, scritto e diretto da Richard Kelly, uscì nelle sale nel 2001 e fu presentato in Italia fuori concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nel 2004, diventando in breve un cult. La sua trama è ancora tema di dibattito fra critici e cinefili. Fra gli attori che vi hanno partecipato, spicca la presenza di Drew Barrymore, nel ruolo della professoressa Pomeroy (fra i pochissimi illuminati del corpo docente) e che figura anche come produttrice del film; tra gli altri interpreti, Jena Malone è ragazza di Donnie e Seth Rogen al suo debutto cinematografico.
Da sottolineare l’incredibile colonna sonora, ricca di pezzi evocativi: dalla già citata The Killing Moon degli Echo and the Bunnymen (e ora capirete la genialità nella scelta), proseguendo con Love will tear us apart dei Joy Division e Head over heels dei Tears For Fears, fino alla malinconica Mad world cantata da Gary Jules. Nel 2009, al cinema, è uscito S. Darko, il film ambientato anni dopo gli eventi del primo: racconta la storia dal punto di vista della sorella minore. Il lungometraggio non ha trovato un buon riscontro nel pubblico ed è sconosciuto ai più. Ancora oggi, ripensando a Donnie Darko, mi tornano alla mente le parole fra lui e Frank, nel cinema deserto.
«Perché indossi quello stupido costume da coniglio?»
«Perché indossi quello stupido costume da uomo?».
di Francesca M. Russo
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