Tra i meccanismi più affascinanti dell'Horror, c'è quello che Stephen King ha identificato in Danse Macabre come Teorema della Porta Chiusa. Il concetto è semplice, quanto insidioso: per far montare la suspense, i mostri non li devi vedere subito. L'orrore è dietro la soglia, su una scala scricchiolante o in una palla che rotola dal nulla verso di te, in qualcosa fuori posto o fuori fuoco. Ma, prima o poi, punto debole di tale teoria, quella porta la devi aprire e il mostro lo devi far vedere e, se non ti sei giocato bene le tue carte, il risultato sarà deludente, se non addirittura risibile.
Attori che nascono con quello sguardo particolare ne abbiamo visti tanti e ci hanno tutti conquistato in un modo o nell'altro. Hugo Weaving non fa certo eccezione. L'attore australiano d'origini inglesi ci ha messo davvero poco per rendersi riconoscibile e farsi amare da un foltissimo pubblico. Siamo nel 1999 e al cinema arriva quel film destinato a fare da spartiacque tra un prima e un dopo. Stiamo parlando ovviamente di Matrix, primo capitolo di una trilogia che vedrà l'attore guadagnare un ruolo sempre più importante, di capitolo in capitolo.
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