Scrittore, regista poliedrico e protagonista dei suoi stessi film, Takeshi Kitano è uno dei pochi attori giapponesi la cui fama è uscita dalla madrepatria, diffondendosi anche nel mondo occidentale. Nato da una famiglia umilissima, con un padre violento e alcolizzato, delle esperienze della sua infanzia Takeshi Kitano farà radici solidissime sulle quali costruire il proprio linguaggio cinematografico. Il contesto sociale particolarmente duro, in un quartiere con fortissime influenze della malavita locale, gli darà un imprinting ben preciso, che sedimenterà per un po' prima d'esplodere.
Correva l'anno 1979, quando in Italia arrivarono le serie di Tekkaman e di Hurricane Polimar. Prodotte da Tatsunoko, come anche quelle di Gatchaman e Kyashan: il Ragazzo Androide, ma arrivate da noi qualche anno più tardi, hanno tutte in comune il fatto d'ispirarsi all'Occidente e, in particolare, ai supereroi statunitensi: un vero e proprio genere chiamato Tatsunoko. Soffermiamoci su Tekkaman. La trama ci porta alla fine del XXI secolo: la Terra è altamente inquinata e la razza umana, pur essendo sopravvissuta, ha l'emergenza di trovare un pianeta abitabile sul quale trasferirsi. Allo scopo si dedica il professor Shukura Amachi, mente geniale e capo del Programma di Sviluppo Spaziale.
Il processo d'immedesimazione è quel fenomeno attraverso il quale, leggendo un romanzo, vedendo un film o fruendo in qualche modo di una storia, si finisce per entrare in empatia con un personaggio. Attraverso di esso, noi viviamo più intensamente la vicenda, mettendoci nei panni del nuovo beniamino. È quando questo sentimento si fa davvero forte, che ci innamoriamo delle storie. Io non so voi, ma per me, bimbo fan dei robottoni, il processo supremo d'immedesimazione fu con Watta Takeo, il dodicenne al comando del Trider G7.
Accetta il seguente messaggio per confermare la navigazione sul sito e accettare i termini della legge sulla privacy e l'utilizzo dei Cookies. Per maggiori informazioni leggi l'intera normativa.