Lo Chiamavano Jeeg Robot
«Non so' amico de nessuno»
E se Peter Parker fosse nato a Roma, a Tor Bella Monaca per la precisione? Questa, forse, è stata la domanda alla base di Lo Chiamavano Jeeg Robot, di Gabriele Mainetti. Probabilmente ne ha poi prodotte diverse altre. Del tipo: cosa accadrebbe se un supereroe calcasse le strade piene di buche della periferia romana e non i vialoni americani pieni di luci e vetrine? E se invece della protettiva e colta zia May ci fossero le batterie della malavita capitolina e un tizio grande e grosso di nome Sergio, pieno di peli? Ma forse la domanda più azzeccata è un'altra e l'aggiungo io: cosa accade quando i fondi pubblici per il cinema non si orientano più verso produzioni discutibili e, invece, premiano un'idea intelligente? Succede qualcosa d'inaspettato e incredibilmente piacevole: scopri che anche in Italia abbiamo registi di talento e storie che meritano d'essere raccontate, come questa.
Enzo Ceccotti è un emarginato. Il suo nome, lontanissimo da qualsiasi alter ego a Stelle & Strisce cui siamo abituati, è anonimo come la sua vita, condotta tra furtarelli e borseggi. Vive in un appartamento fatiscente, si ciba solo di yogurt e ha una notevole collezione di porno in DVD. Sullo sfondo, Roma e l'Italia vivono una nuova epoca di terrorismo interno e di bombe. Nulla che possa scalfire la quotidianità del protagonista, però, almeno fino a quando, in fuga dalla polizia dopo l'ennesimo scippo, si tuffa nelle torbide acque del Tevere, finendo dritto dritto in un barile di scorie radioattive. Come tradizione vuole, acquisirà poteri da superumano: forza straordinaria, resistenza e rigenerazione saranno dunque usate per il bene e la giustizia. E invece no, perché la vita Tor Bella Monaca può essere molto dura e t'indirizza senza scampo verso altri lidi. E così, il nostro, un Claudio Santamaria imbolsito e perfetto nel ruolo, si dedicherà a sradicare bancomat a mani nude e ad assaltare furgoni portavalori, almeno fino a quando l'incontro con una giovane ragazza in fissa per Jeeg Robot (una bravissima Ilenia Pastorelli) non lo porterà ad avere qualcuno da proteggere.
Siamo lontani da una certa estetica dei supereroi, lontanissimi. Qui non è sufficiente fare un paio di incontri di lotta libera per crescere. E si può dire come tutto Lo Chiamavano Jeeg Robot giochi con questi cliché dei cinecomic e non solo, declinandoli in situazioni e colori nostrani. E lo fa perfettamente. Così, situazioni degne di Quentin Tarantino nei dialoghi e nel gusto pulp si sposano con Il Grande Lebowski, ma questa volta un mignolo sarà protagonista di ben altre, esilaranti vicende. Allo stesso modo, l'immancabile villain sembra preso pari pari dall'immaginario di Romanzo Criminale, ma è molto più pop: Zingaro, questo il suo nome, non ha lo stile del Dandy e i suoi ascolti prediligono Loredana Bertè, più che il Franco Califano dei tempi d'oro.
Luca Marinelli, l'attore chiamato a interpretarlo, regala un personaggio splendido e credibile, folle e schizzato nella sua ultima evoluzione in paillettes e parrucca, un valore aggiunto a tutto il film. Sono tante le scene in grado di precipitarvi dall'action puro al grottesco, quasi tutte con lui come protagonista: l'ingresso nel covo della camorra e la sparatoria con un trans sono solo alcuni momenti di questo tipo. Lo Chiamavano Jeeg Robot è una splendida sorpresa. Cuore e acciaio.
di Ludovico Lamarra
Leggi anche le altre Recensioni
In questa recensione sono citati:
• Il Grande Lebowski
• Romanzo Criminale