Un amore (vice)presidenziale
«Non credo che esista un mondo migliore di questo. Voglio dire, cosa c’è di meglio di Bach, Mozart e te?». «Davvero ci sono anche io fra Bach e Mozart?». «E i Beatles!». Nonostante uscì nelle sale americane nel lontano 1970, Love Story di Arthur Hiller si conferma uno dei più amati lungometraggi di genere drammatico e sentimentale di sempre. Indelebili nella memoria sono l’eccezionale colonna sonora di Francis Lai, che valse all’artista un meritatissimo premio Oscar, e i dialoghi, fra i più citati nella storia del cinema. Tratto dalla sceneggiatura è anche il libro, divenuto rapidamente un bestseller, scritto da Erich Segal durante le riprese del film. Love Story, dalla trama non unica e piuttosto scontata, di cui già dalle prime battute si conosce il finale, divenne il cult movie degli anni '70 e segnò intere generazioni. Racconta, come il titolo stesso suggerisce, una storia d’amore nata negli anni del college, fra i vialetti, le aule e la biblioteca nella suggestiva cornice della bellissima Università di Harvard.
Ad accompagnarci in questo romantico e struggente viaggio che marca la vita dei due protagonisti è la voce di Oliver Barrett IV, il giovane rampollo di una ricchissima famiglia americana che, come un moderno Romeo, un giorno s'imbatte nell’affascinante, intelligente, pungente e appassionata di musica, Jennifer Cavalleri, una Giulietta d'origine italiana del Radcliffe College e se ne innamora a prima vista. Love Story si apre e si chiude con l’immagine di Oliver che, seduto davanti a una pista da hockey, pronuncia la famosa frase che svela la terribile conclusione della loro storia: «Che cosa si può dire di una ragazza morta a venticinque anni? Che era bella. E simpatica. Che amava Mozart e Bach. E i Beatles. E me?». Mai nessun altro film è riuscito a far piangere intere generazioni a neanche un minuto dal suo inizio.
Già. Perché ogni emozionante scena, dal primo incontro nella biblioteca universitaria dove Jennifer lavora, alle entusiaste corse sulla neve, alla proposta di matrimonio, alle discussioni, alle interferenze del padre di lui, che non accetta il legame del figlio con una ragazza d'umile estrazione sociale, alle rinunce per difendere a ogni costo il loro amore sono accompagnate dalla consapevolezza del drammatico epilogo e conducono lo spettatore, ormai rassegnato, in un romanticissimo racconto ricco di sentimenti crescenti, di bellezza giovanile e di pathos, fino all’ultimo istante quando, in chiusura, si pensa d'aver dato sfogo a ogni emozione e ci si ritrova in lacrime nel sentire pronunciare da Oliver, rivolto a suo padre, le stesse parole che Jennifer aveva diretto a lui dopo una discussione: «Amare significa non dover mai dire mi dispiace».
Nei panni di Oliver è l’attore Ryan O’Neal che, grazie a Love Story, ottiene fama internazionale ed è notato da Stanley Kubrick. Cinque anni dopo lo recluterà per il ruolo di Barry Lindon, nell’omonimo film del 1975. A interpretare Jennifer è invece l’allora nota fotomodella Ali MacGraw: raggiungerà il successo proprio grazie alla fama del film, per il quale riceve anche una nomination all’Oscar come Migliore Attrice Protagonista. Moglie di Robert Evans, allora capo di Paramount Pictures, la casa di distribuzione che con Love Story guadagnerà il maggior introito ottenuto fino a quel momento, Ali MacGraw è ricordata pure per aver recitato in Getaway! nel 1972, al fianco dell’indimenticabile Steve McQueen,che sposa in seconde nozze l’anno successivo.
Sulla scia della popolarità di Love Story, otto anni dopo Erich Segal propone un seguito dal titolo Oliver’s Story, con Ryan O’Neal ancora protagonista, affiancato da Candice Bergen. Sarà un flop. Si torna a parlare di Love Story alla fine degli anni '90, quando il Vicepresidente degli USA Al Gore rivela alla stampa che il personaggio di Oliver fu modellato sulla sua vicenda personale. Amico di Erich Segal ai tempi di Harvard, visse una vicenda molto simile, lui ricco rampollo che s'innamorò di Tipper Aitchenson. Non solo: compagno di stanza ad Harvard di Al Gore era Tommy Lee Jones, che in Love Story interpreta quello di Oliver... Al di là del gossip, peraltro mai confermato o smentito da Erich Segal, e d'ogni rivendicazione di paternità a scopo elettorale, Love Story resta un film indimenticabile e assolutamente da vedere o rivedere: ha il sapore nostalgico delle autentiche emozioni giovanili.
di Francesca M. Russo
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