Piccoli Brividi
«Non chiamarmi pupazzo!»
A metà anni '90 arrivò sugli scaffali delle librerie italiane la collana per ragazzi Piccoli Brividi, già distribuita negli USA da qualche tempo. Ebbe, da subito, un successo clamoroso, superando le 500 milioni di copie vendute in tutto il mondo. Un risultato straordinario per lo scrittore Robert Lawrence Stine, la cui abile penna seppe unire l'Horror al comico con grande classe e, soprattutto, avvicinò alla lettura eserciti di ragazzi. Col passare del tempo, lo vediamo ogni giorno, le possibilità che un adolescente possa essere attratto dalle pagine scritte diminuisce continuamente: la perenne evoluzione dei media e la sovrabbondanza dei dispositivi utilizzati per l'intrattenimento, infatti, rendono il livello d'attenzione dei giovani sempre più leggero; social network e youtuber offrono tutto più immediato e fugace, restringendo molto le tempistiche dell'intrattenimento. Fatti salvi alcuni fenomeni, come Harry Potter, la lettura di un libro risulta sempre più lenta e ancora più noiosa. Piccoli Brividi, dunque, ebbe questo enorme merito: proporre un linguaggio semplice e diretto per raccontare storie lineari e costruite in maniera intelligente e mai scontata. Ora, come si può fare un film partendo da una base di circa duecento pubblicazioni, distribuita in tutto il mondo per circa vent'anni e in grado d'aver cresciuto un'intera generazione? Sicuramente Rob Letterman, regista della pellicola con Jack Black tra i protagonisti, avrà fatto le stesse riflessioni ed è giunto, probabilmente, alla migliore soluzione. Piccoli Brividi è ispirato all'universo creato da Robert Lawrence Stine e mantiene in toto il suo stile narrativo: la storia non è tratta da uno dei suoi libri o, come si può pensare, creata ex novo con gli stessi protagonisti della collana. Piuttosto, il film è un tributo allo scrittore e lo vede protagonista della storia, gettandolo a pie' pari nel mostruoso mondo da lui stesso creato, insieme ai suoi involontari compagni d'avventura.
Protagonista della vicenda è il giovane Zachary Cooper, “Zach” per gli amici, interpretato da Dylan Minnette. Gli eventi muovono da lui e dal suo incontro con Hannah, figlia dello scorbutico vicino di casa Robert Lawrence Stine, appunto. I due ragazzi, nel pieno dell'esplosione ormonale, si lanciano subito un paio di sguardi eloquenti, ma molto puliti, accompagnati da un veloce scambio di parole che già lascia intuire l'interesse reciproco. L'immediata minaccia del padre di Hannah, però, rompe l'incanto e il brusco atteggiamento dell'uomo nei suoi confronti rende Zach sospettoso. Da qui inizia davvero Piccoli Brividi e, come in ogni storia che si rispetti, una casa abitata da sociopatici alla quale è negato l'accesso desta curiosità, la quale a sua volta genera guai, i quali, infine, non tardano ad arrivare. «Io vi ho chiesto d'ascoltarmi, ma è proprio questo il problema con voi giovani: non ascoltate!», esclama lo scrittore nel bel mezzo di una folle fuga in auto, mentre la città è nel caos. Per la giovane coppietta in erba è stato molto facile scoprire il segreto di famiglia e scatenare l'Inferno in città. I mostri sono il problema principale, soprattutto quando invadono la città capeggiati da Slappy, il Pupazzo Parlante. Questo personaggio è stato il protagonista del settimo libro della collana, dall'omonimo titolo in italiano; lo ritroviamo ora nel pieno delle sue forze e con tutte le peggiori intenzioni. I nostri eroi, cui si unisce anche tale Champ, giovane nerd compagno di scuola di Zach, si attivano subito per combatterlo e solo grazie alle loro intelligenze riusciranno a sconfiggerlo. Almeno finché l'amore nutrito da entrambi per Hannah, sebbene di natura differente, li porterà a scontrarsi.
Piccoli Brividi ha tempi comici eccellenti: la tensione sale e scende magistralmente, spesso addolcita da gag e battute esilaranti; qualche citazione è stata lasciata anche per noi più stagionati, forse per suscitare qualche risata anche ai genitori che hanno accompagnato i propri figli al cinema. E poi c'è Jack Black, il quale si conferma un bravissimo attore. Sebbene lo conosciamo tutti per il suo lato hard rock, la sua logorrea ipnotica, lo sguardo da schizzato, i suoi ruoli da protagonista in storie al limite dell'assurdo e ultimamente col capello leccato in un'improbabile pubblicità di caffè, Jack Black crea un mondo a parte insieme ai tre ragazzi. Se abbia recitato volentieri in questo film o meno è difficile da sapere, ma certamente è lontano dai soliti personaggi ai quale ci ha abituato: in Piccoli Brividi dà corpo a uno scrittore eterogeneo, la cui affinità con i giovani è impressionante.
Piccoli Brividi incuriosisce ancora perché parla di mostri e incarna molti incubi dei bambini; allo stesso tempo, però, le storie sono positive, avventurose e lasciano speranza di vittoria nei confronti del Male. Le storie horror, piene di mostri orrendi e con la morte dietro ogni angolo, servono a esorcizzare le paure di quella fase in cui ci si affaccia a un mondo più adulto e il vero orrore ha il nome di pubertà. In più, il tutto è condito da un umorismo coinvolgente, in un mix perfetto. Il film è, in qualche modo, un passaggio obbligato e speriamo veramente sia in grado di rilanciare sul mercato l'intera saga, non solo in libreria. Il riferimento a un seguito non è affatto nascosto e Sony ha già annunciato come Piccoli Brividi sarà un franchising: aspettiamoci, dunque, anche più di un sequel. Come credo, diventerà un appuntamento televisivo fisso il giorno di Halloween, un po' come Un Biglietto In Due a Natale.
di Giordano Muraglia
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