Il brutto anatroccolo secondo Disney
Nella storia del cinema si sono susseguiti da sempre diversi film con protagonisti simpatici e amorevoli amici a quattro zampe, capaci d'intenerire persino gli animi più freddi. Basti pensare a Hachiko, Io & Marley, Turner e il Casinaro, Beethoven o il più classico Torna a Casa Lassie. Per ognuna di queste storie abbiamo riso, pianto e poi riflettuto sul rapporto tra uomo e cane. Abbiamo spento la TV con la voglia di averne uno. Tra tutti i film, c’è un evergreen per originalità, gag e ironia. Erano gli anni ’60, l’epoca del boom economico durante la quale Walt Disney investì le sue risorse per produrre commedie live action indirizzate alle famiglie: arrivò, così, nelle sale cinematografiche Quattro Bassotti per un Danese.
Lungometraggio diretto da Norman Tokar, aveva per protagonisti Dean Jones, attore di punta nelle produzioni Disney avvenute tra il 1965 e il 1977 e conosciuto soprattutto per il suo ruolo nell’amata saga di Herbie: un Maggiolino Tutto Matto, e Suzanne Pleshette, attrice di rara bellezza che doveva la sua popolarità al ruolo interpretato nel film Gli Uccelli, di Alfred Hitchcock. Ovviamente, oltre a loro due si uniscono quattro bassottine e, come richiamo al titolo, un danese.
La storia narra le vicende di Fran e Mark, una giovane coppia di sposi con la passione per i cani. Quella di Fran, in particolare, è tutta racchiusa per la sua bassottina Danke, non un semplice cane da salotto, ma una vera e propria diva delle sfilate canine e campionessa di concorsi di bellezza, cui si uniranno le nuove arrivate Wilhelmina, Heidi e Chloe, cucciole apparentemente dolcissime e docili, ma dal carattere vispo. Il marito inizierà a sentirsi un pò escluso... Proprio quando Danke è portata dal veterinario per dare alla luce le cucciole, Mark è attratto da un cucciolo di alano di nome Brutus, apparentemente malnutrito, poiché rifiutato dalla mamma, e che nessuno vuole adottare. Nonostante l’iniziale titubanza, Mark decide di prendersi cura del cane per il periodo dello svezzamento, ma tra i due nasce subito un legame molto forte. Ma non sarà il solo a nascere.
Durante la sua crescita, Brutus crede d'essere anch'egli un bassotto, tanto da comportarsi come tale, assumendo tutti gli atteggiamenti e i comportamenti delle quattro bassottine. Il suo atteggiamento innescherà una serie di gag e di equivoci esilaranti, che porteranno Fran a considerare il cane come il brutto anatroccolo della famiglia. L’alano, così impacciato e goffo, prova a imitare in tutti i modi le sue sorellastre, compresa la loro eleganza sfacciata, dietro la quale però si nasconde tutt’altro. Le bassottine sono dispettose, sfruttano la loro furbizia per combinare guai e provocare la bontà d’animo di Brutus il quale, cercando di salvare alcune situazioni, finisce costantemente per sembrare il colpevole, facendo invece passare Wilhelmina, Heidi e Chloe e la stessa Danke come innocenti e indifese.
Lo scompiglio causato dai cani condizionerà inesorabilmente il rapporto della coppia: Fran proverà in tutti i modi a convincere Mark a riportare dal veterinario Brutus, così inadeguato, a suo avviso, per andare d’accordo coi componenti della famiglia. Mark, d’altro canto, non smetterà di credere nel carattere tenero e ingenuo, anche se giocherellone, del suo alano. E finalmente arriverà il giorno in cui Brutus avrà il suo riscatto e riuscirà a far cambiare idea una volta per tutte alla giovane donna. E a diventare un campione. Quattro Bassotti per un Danese tratta con semplicità e ironia, attraverso la metafora, temi riguardanti il rapporto di coppia, la difficoltà di crescere un figlio e la relazione tra fratelli. Il riferimento è alla favola di Andersen Il Brutto Anatroccolo e non solo per il titolo originale The Ugly Dachshund: Brutus rappresenta il fratello escluso dal gruppo poiché considerato diverso. Credendo in se stesso e non omologandosi, riuscirà a sbocciare proprio grazie alla sua bellissima personalità, conquistando tutti. Per questo Quattro Bassotti per un Danese è rimasta nel cuore degli spettatori dopo tanti anni, perché ha sottolineato il senso di giustizia e l’importanza del valore personale contro ogni forma di discriminazione, con leggerezza e sorrisi. E i cani!
di Valentina Mori
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