The Giver: Il Mondo Di Jonas
«Non volevo essere diverso»
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Partivo da un presupposto: un film come The Giver, uscito quasi in sordina in Italia e connotato da un marketing fatto poco a dovere, difficilmente avrebbe potuto essere un capolavoro, nonostante il trailer sembrasse stuzzicante. Questa considerazione aveva concorso nel mettermi nella condizione di ritenerlo uno di quei film destinati solo a fare numero, importato eppure privo della convinzione necessaria a trascinare la gente in sala. Infine, era tratto dal primo di quattro libri scritti da Lois Lowry e lo Stivale, si sa, è un paese famoso per la scarsa quantità di lettori. Tutto questo era un peccato: oltre all'ovvietà, di cui vi risparmio, sull'importanza della lettura e nonostante le premesse, The Giver mi ha colpito e ha lasciato un segno. Anzi, lo dico chiaramente: mi è proprio piaciuto. E poi ci pensa il film stesso a ricordarvi l'importanza dei libri e dei doni racchiusi nelle loro pagine. Inizio, come sempre, con un po' di trama: Jonas (Brenton Thwaites) è un adolescente e vive in una società efficiente, capace d'aver relegato molto lontano, indietro nel tempo, guerre e violenze. Il mondo è diviso in piccole comunità prive di differenze, le abitazioni sono uguali e razionali, i vestiti sono gli stessi per tutti e rispecchiano il ruolo rivestito al loro interno. Allo stesso modo, le emozioni sono bandite, soffocate attraverso la tecnologia e la somministrazione di un composto cui tutti sono obbligati a sottostare, ogni giorno. Tutto è pianificato in maniera razionale dal Circolo degli Anziani, guidato con fermezza da un'algida Meryl Streep: dalla compagna con la quale dividerai la tua vita appena raggiunta l'età adatta, ai due bambini, maschio e femmina, che dovrai allevare in qualità di Genitista, al lavoro assegnato finché non tiri le cuoia. Le emozioni sono vietate, così come i contatti fisici tra individui di famiglie differenti: se vi state chiedendo come fanno a riprodursi, sappiate che le nascite avvengono tramite fecondazione artificiale, ma di un solo particolare gruppo di donne, ovviamente individuate dal Circolo degli Anziani e chiamate le Partorienti. Se, poi, hai la sfortuna di venire al mondo privo dei criteri ritenuti corretti, sarai «mandato altrove», vale a dire eliminato tramite iniezione mortale e letteralmente gettato nel cassonetto. Lo stesso trattamento è riservato agli individui considerati pericolosi e a quelli prossimi alla pensione. La comunità è talmente attenta a mantenere questo profilo di correttezza formale, anche di linguaggio, che le persone non si suicidano, semplicemente, «si perdono». Magari dalla scogliera, dove si erge la sola abitazione fuori dagli standard imposti dalla comunità. Qui, infatti, vive l'unico depositario delle Memorie degli uomini, immerso nella sua biblioteca favolosa, ha il privilegio d'essere esonerato dai trattamenti imposti agli altri ed è chiamato in qualità di consigliere dal Circolo degli Anziani in caso di necessità. Un privilegio, ma allo stesso tempo una condanna alla solitudine. Lui è il Donatore, da cui il titolo The Giver. Ed è anche Jeff Bridges, pure co-produttore del film. Accade che Jonas è nominato dalla glaciale Meryl Streep perché diventi il nuovo Accoglitore di Memorie: e io penso alla fortuna sfacciata di un ragazzo il quale avrà come mentore il Drugo. Ma The Giver è differente da Il Grande Lebowski... E Jeff Bridges ha un ruolo ben diverso dall'amante di White Russian in accappatoio. Naturalmente tutte le conoscenze risveglieranno in Jonas la voglia di libertà: com'è ovvio, deciderà di cambiare le cose lottando contro tutto e tutti, aiutato proprio dal Donatore. The Giver è diverso dalla solita storia destinata ai ragazzi: trama e regia sono spesso più crude di quanto ci si aspetti e riescono a colpire con efficacia anche il pubblico adulto. La prima scelta stilistica degna di nota dell'uso sapiente del bianco e nero, tinta con la quale è girata la prima parte del film da un sorprendente Phillip Noyce, regista di un cult anni '80 di certo poco raffinato quale Furia Cieca: l'assenza di colore precipita i presenti in sala nello stesso mondo distopico e ovattato di Jonas, almeno finché il protagonista sceglie la disobbedienza e decide di tornare a vedere a colori, e noi con lui. Le reazioni delle persone vicine a Jonas sono tutte ben rappresentate, sebbene in alcuni passaggi potrebbero restare inevase diverse domande: i blasonati Jeff Bridges e Meryl Streep sono perfetti nelle loro parti, ma pure Brenton Thwaites è molto credibile ed espressivo: bello, tra l'altro, il rapporto tra allievo e maestro, compreso il percorso pedagogico basato sulla scoperta di un'emotività sconosciuta o solamente dimenticata. E per evitare di fare torto a qualcuno, voglio citare la bellissima Odeya Rush e Cameron Monaghan, il cui ruolo ambiguo regge una parte centrale del film. Katie Holmes fa il suo, in una parte più fredda e dentro le regole, insieme al suo partner nel film, Alexander Skarsgard. Nota stonata la presenza così promossa, per evidenti motivi di marketing, di Taylor Swift, non pervenuta in fatto di recitazione e, a essere onesto, di parte, la meno approfondita e curata di tutto The Giver. I temi di The Giver sono tanti e tutti profondi: dall'imprevedibilità delle azioni umane, alla solitudine, al prezzo che si è disposti a pagare per avere garantite sicurezza e serenità, fino a riflessioni più ampie sulla natura stessa dell'uomo. Non sono di particolare originalità, è vero, però sono sempre attuali, proprio perché non esistono riposte universali e rassicuranti. In più sono tutti accompagnati dalle musiche molto belle e intense di Marco Beltrami, nonostante la presenza ingombrante di Taylor Swift. Merito di Jonas è offrirci un nuovo contributo e mi piace che lo abbia fatto attraverso una mela offerta alla sua amica, e a noi tutti, in un capovolgimento del mito di Adamo ed Eva. In questa recensione sono citati:• Furia Cieca• Il Grande LebowskiLeggi anche le altre recensioni |