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Studio Ghibli regala un'altra perla in fatto di anime, offrendo a noi tutti l'ultimo lavoro di Isao Takahata, suo co-fondatore. La Storia della Principessa Splendente (in lingua originale Kaguya-Hime No Monogatari), pesca a piene mani da una leggenda molto famosa in Giappone, probabilmente mutuata da un racconto popolare tramandato nel tempo. Narra la vicenda di un anziano, il quale trova dentro a un germoglio di bambù la piccola principessa e, insieme alla moglie, la adotta come figlia. La piccola cresce a vista d'occhio ed entra velocemente in sintonia con la comunità rurale, coi suoi ritmi legati alle stagioni e con tutti i bambini e gli adulti che li animano. Se gli amici la chiamano “gemma di bambù” (unica nota stonata della versione italiana, che sembra aver deciso questa traduzione in fase di doppiaggio, per evitare il nome originale “Kaguya” e le sue assonanze, evidentemente sottovalutando l'intelligenza del pubblico), il padre s'ostina a chiamarla “Principessa”, cogliendo immediatamente il lato divino della figlia. Questo chiasmo accompagna tutto il film. Effettivamente, La Storia della Principessa Splendente vive di due momenti, a rappresentare altrettante fasi della vita di Kaguya. La prima è legata a un'infanzia trascorsa in grande sintonia con la natura, tra corse nei boschi e giochi coi suoi compagni d'avventura; la seconda inizia quando il padre, seguendo alcuni segnali inviatigli dallo stesso canneto nel quale aveva trovato la piccola Kaguya, la costringe a trasferirsi nella capitale e a subire una rigida educazione da nobile. Nonostante lo sfarzo e le ricchezze, la giovane, ormai divenuta una bellissima ragazza, non riesce a essere felice e rifiuterà tutti i corteggiatori giunti a chiedere la sua mano, compreso l'imperatore in persona. È in questo momento che lei sembra comprendere pienamente il suo lato divino, decidendo di tornare là da dove era provenuta, sulla Luna, tra i suoi simili, lasciandosi alle spalle per sempre la vita sulla Terra, coi suoi affetti, gli amori mai sbocciati e tutta la rosa di sentimenti vissuti finora.
La Storia della Principessa Splendente è il classico anime capace di donare un grande senso di pace verso il mondo, misto a una profonda malinconia. La vicenda, così delicata eppure potente, è di quelle capaci di sedimentare durante la notte e di suscitare emozioni anche maggiori l'indomani. Il regista Isao Takahata, già autore dell'acclamato Una Tomba per le Lucciole (1988), ha voluto precisare i passaggi in cui il film si discosta dal racconto popolare, ripreso tra l'altro in un recente articolo di Studio Ghibli Italia pubblicato a mo' di guida alla visione. Se nella versione tramandata nei secoli Kaguya rifiuta i cinque pretendenti più facoltosi, chiedendo loro sfide impossibili, legate ai classici cinesi e dunque poco conosciuti in Occidente, in questa versione de La Storia della Principessa Splendente, l'ultima di molte altre accumulatesi nel tempo, le richieste sono attualizzate e poste per combattere una visione maschile capace di vedere in una donna solo un oggetto da possedere e, al limite, da mostrare. Un adattamento molto intelligente, assolutamente intonato alle atmosfere del film e a tematiche tristemente attuali in tutto il mondo. Allo stesso modo, nel racconto originale Kaguya, prima d'abbandonare la Terra, dona l'elisir dell'immortalità all'imperatore, il quale lo brucia in cima al monte più vicino alla Luna, il Fuji, dopo averlo scalato insieme al suo esercito. Questo fatto ha dato luogo alla leggenda circa il fumaiolo presente in vetta al vulcano, eredità di quel gesto, e pure all'etimo del Fuji, il cui significato secondo alcuni è “immortalità”, secondo altri “montagna piena di guerrieri”. Anche questo aspetto non è descritto nel film, ma come nel caso del precedente, non se ne sente la mancanza. La Storia della Principessa Splendente va visto e assaporato in ogni momento, come lo si potrebbe fare bevendo un tè pregiato insieme alle persone più care. I disegni aiutano a calarci in una dimensione fanciullesca e pura, tra colori pastello, carboncini e acquarelli, tratti mai definiti eppure perfetti nel rendere ogni stato d'animo di tutti i personaggi rappresentati. Favolosa la scena della fuga di Kaguya dal palazzo nobiliare, minuti intensi e ansiogeni di trasfigurazione di ritmo, forme e colori. La Storia della Principessa Splendente mette in scena l'importanza di ridere, di rotolarsi nell'erba, di rincorrere un grillo o d'imitare una rana nel suo incedere saltellante; la necessità d'assecondare la propria natura, perché il tempo non è mai restituito; l'assoluta centralità delle nostre relazioni e di quanto esse sappiano regalarci, in quanto costituiscono la nostra unica eredità. Inutile costruire simulacri, seppur ben realizzati come il giardino segreto di Kaguya, nel quale il mondo abbandonato da bambina trova una fittizia rappresentazione, se questi sono utili a godere solo di un riflesso opaco di quanto avremmo potuto avere, magari anche in una condizione materiale meno ricca. Perché, comunque, assecondare la nostra indole «vale la pena, se si ha la percezione di vivere». di Ludovico Lamarra
In questa recensione sono citati:• Una Tomba per le LuccioleLeggi anche le altre recensioni |