Vecchietti terribili
Anno 2000. Il nuovo millennio era iniziato da poco, con tutte le aspettative del caso. Ci sentivamo dentro a quel futuro a cifra tonda, fatto di tre zeri. Come noi, lo sapevano e lo sentivano anche i registi. Fu l'anno della prima volta degli X-Men su grande schermo, del remake delle Charlie's Angels, de L'uomo senza ombra e di Mission to Mars; alcuni film provavano a inserire una tecnologia smaccatamente esagerata, che era l'interpretazione precisa di come si sentiva il mondo. Clint Eastwood, che già s'era dimostrato molto capace d'interpretare il senso comune, nel 2000 porta al cinema Space Cowboys, pellicola che in un certo modo, a guardarla oggi, sembrava voler proprio raccontare quel periodo di transizione. La trama di Space Cowboys è particolarmente semplice: un gruppo di astronauti in pensione della NASA è richiamato in missione perché un vecchio satellite per le comunicazioni russo è uscito dall'orbita e rischia di schiantarsi sulla Terra. A loro sarà affidato l'arduo compito di ripararlo e rimetterlo in orbita; solo loro possono farlo, perché il satellite è di metà anni '80 e la sua tecnologia è sconosciuta ai nuovi ingegneri e il tempo per istruirli manca.
È questo il tema ricorrente: il passato, caratterizzato sia dall'età degli astronauti, già avviati alla pensione, sia dal vecchio satellite, retaggio anch'esso di un mondo ormai finito e che i più hanno messo di lato. Lo svolgimento di Space Cowboys non ha particolari picchi, eppure non è un difetto. Infatti, dove il film centra il bersaglio è nel riuscire a trasporre, sotto forma d'allegoria, una lezione semplice quanto importante. Se il passato è terra straniera, come dice Carofiglio, Clint Eastwood invece ci esorta a non dimenticarlo e a valorizzarlo, come un bene dal quale si può e si deve imparare. È nel passato degli astronauti coinvolti nella missione che risiede la soluzione al problema ed è sempre nel passato che si annidano errori e peccati per i quali bisogna fare ammenda, per non cercare di seppellirli semplicemente sotto il tappeto. In tutto l'ordito di Clint Eastwood, l'astronauta è lo spaccone che ci immaginiamo, ancor più se anziano e messo in competizione coi giovani rampanti alla NASA; non rappresenta tanto l'americano stereotipato, quanto l'intero genere umano, lo stesso che sudò freddo per il Millenium Bug, lo stesso che mal si trovava a gestire un cambiamento di tecnologia come mai avvenuto prima. Cioè tutti noi, in almeno un'occasione.
Space Cowboys porta anche una certa visione di speranza sulla capacità di venire a patti col passato, di saperlo gestire in qualche modo e di lasciarlo alle spalle come strada fatta, non come ferite aperte. Naturalmente anche la Guerra Fredda è menzionata, in un ritorno anacronistico di un nemico ormai inesistente, l'URSS, e in un ricordo atavico della paura dell'antico rivale e di quali sarebbero state le conseguenze nel caso qualcuno avesse deciso di premere il fatidico bottone rosso, quello della Guerra Nucleare Totale.
Insomma, Space Cowboys può sembrare una pellicola semplice, un action con elementi sci-fi che sicuramente svolge bene il suo lavoro nell'intrattenere, eppure dietro questo film, a tratti anche molto prevedibile, si celano quasi un ventennio di storia e le sue contraddizioni. A sostenere questo impianto, concorre pure un cast ugualmente di veterani: oltre allo stesso Clint Eastwood, il manipolo di vecchietti terribili s'avvale di Tommy Lee Jones, Donald Sutherland e James Garner. Vi consigliamo di vederlo, come sicuramente vale per molti, se non tutti i film diretti da Clint Eastwood. Una volta finita la visione, guardate indietro alla vostra storia personale, accettatela e tentate di rimediare dove possibile. Valutate l'idea che ieri e domani siano connessi in un flusso, conseguenza l'uno dell'altro: vivere avendo ben presente questo concetto potrebbe essere più semplice.
di Alessandro Sparatore
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