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«È anche licenza di non uccidere»
Con questo Spectre: 007 si chiude il ciclo di James Bond con Daniel Craig a vestirne lo smoking. O forse no. Perché l'attore, dopo le prime dichiarazioni piuttosto secche circa l'impossibilità di vederlo per la quinta volta servire Sua Maestà britannica, ha parzialmente ritrattato in occasione della Festa del Cinema di Roma. Vedremo. Intanto, abbiamo visto quest'ultimo capitolo, il ventiquattresimo dell'epopea sull'agente segreto più famoso al mondo. Sembra un ossimoro, ma non lo è.
In giro si registrano reazioni contrastanti e sostanzialmente si legge un po' di tutto, dalle stroncature più impietose, alle celebrazioni più melense. Penso sia utile partire dal primo James Bond impersonato da Daniel Craig, quella sorta di reboot della saga rappresentato da Casino Royale (2006), per inquadrare al meglio questo Spectre: 007. Al tempo, aveva fatto discutere la scelta ricaduta sull'attore britannico, meno statuario e più rozzo rispetto a predecessori illustri come Sean Connery e Roger Moore. E ugualmente terra terra era pure il suo agente segreto, reo nel primo film di rimanerci secco quasi subito, di sfasciare la sua Aston Martin alla prima curva e di cacciarsi in risse da bar alla prima occasione utile. In realtà, questa versione meno leccata e impeccabile era molto più vicina al personaggio creato da Ian Fleming rispetto a quanto visto fino a quel momento, ma l'icona dello 007 sempre in tiro era ormai ben radicata nell'immaginario di tutti. Si trattò, insomma, della vera e propria genesi di un altro modello di James Bond e, dopo le iniziali ritrosie, il nuovo corso più ammaccato e ciancicato ottenne critiche entusiastiche, da parte di pubblico e addetti ai lavori.
Spectre: 007 dovrebbe chiudere questo ciclo e conseguentemente ha un grande compito, pure perché evita ogni dubbio sulle interpretazioni circa la trama: nel titolo presenta la nemesi per antonomasia dell'agente segreto e la curiosità su come possa essere stata adattata ai nostri tempi è alta. Sapere, poi, che a ereditare cicatrice e micio bianco sarà Christophe Waltz, rende tutto molto eccitante.
Il film inizia a Città del Messico, in una scena molto bella e altrettanto à la James Bond: un piano sequenza mozzafiato tra la folla riversa per le strade prima, poi in solitario sopra i tetti; presenta piccole raffinatezze, come la banda a margine dell'inquadratura intenta a suonare a tempo con la musica di fondo. La tenuta di Daniel Craig farà la gioia di molti cosplayer e la sigla, molto lunga, presenta il nuovo brano di Sam Smith, Writing's On The Wall, particolare ma bello, e le immagini sono d'effetto. Insomma, la partenza è convincente. La vicenda di fondo vede lo stesso Servizio segreto britannico minacciato da Spectre, mediante un elaborato piano d'infiltrazione, denso di doppi giochi: 007 sarà costretto ad agire da solo, per capire cosa sia l'organizzazione capace di un potere così grande e invasivo, aiutato da pochi fidati amici, per di più dopo la morte di M, avvenuta nel precedente Skyfall.
E finalmente ci si sposta alla Città Eterna, location scelta per le scene d'inseguimento, a bordo dell'Aston Martin realizzata per l'occasione. E farà una finaccia, come tradizione vuole. I romani sanno bene cos'abbia significato ospitare la troupe tra le strade di Roma: zone chiuse al traffico e blindate a ogni curioso, una pulizia che manco il Giubileo e il rifacimento di buona parte dell'asfalto, pare dopo la prima foratura con craniata annessa sul tettuccio durante le riprese. Nemmeno James Bond esce indenne dalle buche romane e dai sanpietrini. Da questo momento Spectre: 007 inizia a mostrare una caratteristica destinata a diventare centrale nel corso della proiezione, fino alla fine. Le immagini sul Lungotevere sono splendide in fatto di fotografia, ma sono fredde e trasmettono poche emozioni: tutto il film ne risente. Ne paga il prezzo anche in termini di ritmo, al punto che la parte centrale di Spectre: 007 è realmente soporifera e faticosa da superare. Tutto sembra molto distaccato e artificiale ed è un gran peccato: l'entrata in scena di Christoph Waltz è notevole, ma la piega da psicopatico data al suo Blofeld lascia perplessi, durante la scena teatrale e asettica della tortura. Ci sono, ovviamente, momenti da ricordare: l'esplosione del centro operativo nemico è degna di Michael Bay, anzi proprio lo supera in considerazione del Guinness dei Primati messo a segno, grazie agli 8.418 litri di combustibile e 33 chilogrammi di esplosivo utilizzati per ottenerla.
Spectre: 007 recupera bene nella parte finale, nella quale è posto all'attenzione degli spettatori un aspetto interessante di James Bond. Il vero potere, la responsabilità più grande sulle spalle di chi ha la Licenza d'Uccidere è soprattutto nel momento in cui decide di non avvalersene. Ovviamente sarà il tema a chiusura. Sembra che il regista Sam Mendes abbia provato a terminare un ciclo cercando un'operazione più di concetto e meno d'apparenza, puntando pure su lato drammatico per alcuni versi inesplorato nelle pellicole di 007: pare riuscita a metà e lascia un po' d'amaro in bocca, proprio in relazione alle belle premesse seminate nei tre capitoli precedenti. Il senso di un agente segreto in crisi, posto per diversi motivi di fronte a nuove scelte possibili (e Léa Seydoux, certamente, è una grossa tentazione) si percepisce, ma non emerge mai completamente, si sviluppa poco e rimane avvinghiato anche al lato spettacolare che di ogni James Bond dovrebbe essere parte integrante. Spectre: 007 è un bel film, ma lascia il senso dell'incompiuto.
di Ludovico Lamarra
In questa recensione sono citati:
• Casino Royale
• Skyfall
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