The Green Inferno
«Hanno la fame tossica!»
Attenzione: spoiler a raffica!
Una cosa è certa: dopo aver guardato The Green Inferno, i cannibali non faranno più paura grazie a come sono stati ridotti da Eli Roth, macchiettistici indigeni con l'osso al naso, molto simili a quelli delle barzellette. Eppure il regista capace di aver scioccato tutti con Hostels vantava un importante curriculum come regista horror di spessore e ci aveva sempre presentato film caratterizzati da perversioni disumane e personaggi psicologicamente così contorti, da rimanere nelle nostre menti per mesi, se non per anni. Ma, si sa, c'è sempre una prima volta: la buca storica arriva quando meno te l'aspetti e ci regala una perla di comicità involontaria e di sceneggiatura relativa, ben adatta alle nostre Buste.
E mai avrei pensato di catalogare tra le Buste proprio un film di Eli Roth, un regista stimato e sempre atteso nell'ambiente dell'Horror, collaboratore di Quentin Tarantino in molte delle sue ultime pellicole e grande estimatore, per giunta, del cinema di genere italiano. Ma col senno di poi, i primi indizi erano già ben presenti dai trailer, a mo' d'antipasto. Presentato come «scioccante, perverso, disturbante», The Green Inferno immediatamente rientrava in quella categoria di film ad alto tasso di possibile delusione, proprio perché presentati in pompa magna e con titoli roboanti. Dopo averlo visto, in effetti, ho capito quanto i claim pubblicitari fossero veritieri e non semplici frasi a effetto. The Green Inferno è profondamente disturbante, anzi dà veramente fastidio per quanto sia superficiale e a tratti grottesco. E nemmeno ho chiuso occhio la notte, dopo essere tornato dal cinema, pensando a tutti gli altri film che avrei potuto vedere al suo posto. Poi, superata la fase di nervosismo, è subentrato il buon umore e tutto è cambiato.
A pensarci bene, infatti, dopo il primo tempo avevo già intuito come lo scopo di Eli Roth fosse quello di nascondere sotto le vesti dell'horror un vero e proprio film comico pieno di gag e trovate umoristiche, anche migliore di molte commediole uscite negli ultimi anni. Non confondiamo assolutamente, dunque, The Green Inferno con Cannibal Holocaust, del quale abilmente è stato fatto passare come il remake. Siamo semplicemente di fronte a un tributo ai Cannibal Movie, filone underground peraltro tutto italiano, il cui boom è stato circoscritto tra gli anni '70 e '80 e capace d'aver fatto emergere giovani registi splatter come Umberto Lenzi e Ruggero Deodato, oltre a ispirare ancora oggi diversi colleghi dell'Horror straniero. Cannibal Holocaust, tra l'altro, è ricordato come uno dei film più cruenti di sempre e ha subìto molte citazioni e censure, forse anche dovute alla presenza nel cast di Luca Barbareschi ai primordi... Oggi, invece, ci rifilano The Green Inferno, sua versione pop con le gag alla Boldi e De Sica.
Primo tempo. Justine è una giovane studentessa figlia di un pezzo grosso delle Nazioni Unite e, senza un apparente motivo, è avvicinata da un gruppetto universitario di giovani ambientalisti. I classici altri figli di papà, schierati contro tutto e tutti e fanno la guerra seduti sul prato. Ma Alejandro, il belloccio capo di questo manipolo di sovversivi, ha un piano in mente: documentare un flash mob nel bel mezzo della foresta amazzonica per bloccare gli scavi di una multinazionale del gas, in procinto di distruggere un villaggio di nativi. The Green Inferno ci fornisce così, durante il primo tempo, tutti gli elementi che ci faranno paura nel secondo: una sorta di auto spoiler chiamato con un'ora di anticipo. Un esempio: Justine, seguendo le lezioni all'università, viene a conoscenza della pratica dell'infibulazione praticata tutt'oggi, guarda caso, da alcune tribù dei nativi peruviani. Nel giro di tre inquadrature, poi, partecipa pure alla riunione di gruppetto di anarchici, fa ingelosire senza nessun motivo apparente la ragazza di Alejandro, è allontanata dal gruppo, ci fa pace e infine accetta la missione. Alla velocità della luce, quindi, ci troviamo su un biplano in direzione Green Inferno, la foresta Amazzonica. La spedizione è capitanata da un fighetto peruviano palesemente ricco: non ricordo il nome, ma tanto muore subito. Il macho latino ha comunque un ruolo importante, essendo il finanziatore della spedizione. Ma qual è, in realtà, l'interesse di questo tizio nel far arrivare quattro sfigati dagli Stati Uniti fino in Perù? Ovviamente un interesse economico e un accordo preso per conto proprio con Alejandro. Insomma, niente di così disturbante fino a questo momento in The Green Inferno, se non la noia mortale. Il gruppetto di crociati attivisti arriva finalmente sul luogo del delitto e completa con successo il flash mob. Tutti contenti si avviano verso casa con la vittoria in pugno quando, succede qualcosa...
Secondo tempo. Il biplano precipita e metà equipaggio muore in circostanze semi comiche, degne de L'Aereo Più Pazzo Del Mondo. I poveri superstiti sono così imprigionati istantaneamente dalla tribù di nativi e, alleluia, si vede un po' di sangue! The Green Inferno, ora, rimane tutto incentrato sulla gabbia dove il gruppo di ragazzi rimane in attesa d'essere mangiati dai cannibali. Allo stesso tempo, la platea rimane estasiata da tutti i tentativi fallimentari di fuga e da una sequenza esilarante di morti alla Darwin Awards. Nel cuore rimane il nativo più divertente e geniale di tutti, il cecchino di guardia alla gabbia: una delle ragazze capisce di riuscire a passare attraverso le sbarre in alto, aiutata dagli altri. Ma sarebbe bastato dare un'occhiata per vedere il nostro eroe, ma nessuno lo fa e lui le spara con la cerbottana. Poi inizia a piovere e i nativi si rifugiano nelle capanne: bene, ora è un buon momento! La ragazza ci riprova, ma ftump, c'è sempre il cecchino, il quale si stufa e stavolta decide di stufare pure lei. Il top del top arriva quando il gruppetto riesce con uno stratagemma macabro a drogare l'intero villaggio. Con una sola bustina di marijuana, evidentemente fortissima. Tralasciando come i nativi peruviani dovrebbero essere abituati a droghe decisamente più potenti di uno spinello, tutta la popolazione si trasforma in una massa di ganjamen allegri. A questo punto la via sembra spianata e il ragazzo, grande stratega del piano, riesce a fuggire. È comunque catturato istantaneamente da due nativi strafatti e si accorge troppo tardi di un tipico postumo da consumo di erba: è così sbranato in malo modo da tutto il villaggio, mentre i suoi assistono alla creazione della tartare dell'amico e capiscono: «Hanno la fame tossica!».
A un tratto accade l'inaspettato, qualcosa di realmente innovativo che probabilmente rilancia l'intero film. Justine durante la sua prigionia riesce a fare amicizia in modo tenerissimo con una bambina nativa la quale, senza essere vista, la fa fuggire dalla prigione. Perché la piccola capisce che quella ragazza è umana come lei e dunque l'aiuta. Ma poi, ftump: il nostro eroe cecchino ci ricorda d'essere ben vigile e di come a The Green Inferno si torni sempre a ridere di cuore.
di Giordano Muraglia
In questa recensione sono citati:
• L'Aereo Più Pazzo Del Mondo
• Cannibal Holocaust
• Hostels
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