Trainspotting 2
«Scegli la vita»
Difficile spiegare cosa possa aver rappresentato Trainspotting per chi non è della generazione che fu ferocemente intercettata dal film di Danny Boyle, tratto dall'omonimo romanzo di Irvine Welsh. Noi, cresciuti negli anni '80 e nella loro opulenza, nella certezza di un futuro ricco e radioso, negli happy ending e nelle facili coordinate per categorizzare il mondo, eravamo invece dentro a una bolla che era sul punto di scoppiare. E non lo sapevamo. La deflagrazione e una prima scioccante consapevolezza arrivò nei nostri anni del liceo, quando l'inno dei Radiohead ci imponeva di definirci «creep», sfigati, e quando i nostri miti preferivano spararsi in bocca una fucilata, come fece Kurt Cobain nel 1994. Se i nostri genitori avevano vissuto anni difficili, ma vestiti di uno slancio ideale che rendeva il Sol dell'Avvenir caldo e desiderabile nonostante tutto, noi ci siamo bruscamente svegliati da un sogno che ci ha depositati sul ciglio del baratro della crisi economica ancora in atto e, per molti, senza alcuno strumento per averne consapevolezza, figuriamoci per stare in equilibrio su di esso. Nel 1996 fu proprio Trainspotting a sintetizzare lo stato delle cose: lo fece brutalmente e in modo ugualmente seducente. La vicenda dei quattro protagonisti era narrata con uno stile nuovo, in ogni ambito: le musiche, prima di tutto, ma pure i dialoghi, il look, le situazioni estreme rappresentate, la droga mostrata in modo sfacciato come mai era capitato prima, il sesso, la merda e il vomito, la periferia urbana, la morte. Fu un fenomeno di costume e allo stesso tempo un pugno nello stomaco, un manifesto nichilista e una fonte d'ispirazione, fu tutto e il suo contrario. Quando è stata annunciata la lavorazione del suo sequel con lo stesso cast e lo stesso regista, anch'esso tratto da un altro romanzo di Irvine Welsh, Porno, molti hanno provato sensazioni simili a quelle avvertite all'ufficialità de Il Risveglio della Forza, con le dovute differenze. Sono passati vent'anni e l'idea di rivedere Mark, Spud, Sick Boy e Begbie invecchiati, reduci dall'eroina e imbolsiti preoccupava ed eccitava in egual misura. Trainspotting 2 è un film ad alto rischio emotivo ed è molto difficile da recensire.
La vicenda vede il ritorno di Mark dopo il tradimento e la fuga lontano dalla sua città. Sono molte le questioni rimaste aperte e nessuno dei tre amici di un tempo se la passa bene: c'è chi si droga ancora, chi gestisce squallide estorsioni e chi sta in galera. Apparentemente ripulito, cerca di rintracciarli (non) tutti e sarà molto veloce ritrovarsi nuovamente invischiato in un ennesimo, assurdo piano per diventare ricchi: al centro, la gestione di un bordello. Naturalmente le cose prenderanno risvolti inaspettati e tragicomici, evidenziando ancora di più quanto siano magnifici i quattro perdenti superstiti della siringa.
Trainspotting 2 è immediatamente diverso nel ritmo e nell'atmosfera del suo predecessore. In fondo, è giusto così ed è anche ovvio. Sebbene Danny Boyle non rinunci alla sua cifra stilistica e inserisca diverse sequenze allucinate e acide da videoclip, siamo lontani anni luce dall'impatto visivo della prima pellicola. Nulla sembra all'altezza se posto a paragone, ma è il modo peggiore di vedere il film. Se vi rimarrete invischiati, uscirete profondamente delusi. Fate come me, uscite solamente amareggiati e malinconici, non perché Trainspotting 2 sia brutto, al contrario, ma semplicemente poiché è molto onesto.
Lo è nel descrivere i nostri eroi di una volta, mostrandoceli per quello che realmente sono: derelitti che hanno giocato con la propria vita e ne pagano le conseguenze. Persone squallide e misere, in grado di tornare ai fasti di un tempo solo quando il regista cadenza i momenti più rappresentativi del primo film: c'è un accenno di Born Slippy degli Underworld, così come tornano il refrain di Lust for Life di Iggy Pop, il sorriso di Mark durante una fuga terminata sul cofano di un'auto, un nuovo monologo «scegli la vita», la scena migliore di tutto Trainspotting 2, e tante altre istantanee che spesso spostano pesantemente questo sequel verso l'operazione nostalgia. Tutta la pellicola ne è intrisa e l'altro elemento, quello della speranza, la cui centralità è stata sottolineata da Danny Boyle durante l'incontro stampa avvenuto a Roma, non sembra così preponderante. Come se lo stesso regista, tutto sommato, non ne sia così convinto.
di Ludovico Lamarra
In questa recensione sono citati:
• Porno (romanzo)
• Il Risveglio della Forza
• Trainspotting
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