Balla coi pupi
Dalla geniale mente di Go Nagai nacquero progetti innovativi o che comunque, seppure non brillavano per originalità della trama, furono in grado di lasciarci a bocca spalancata. Il padre di Mazinga e, in generale, di tutto il filone mecha alla fine degli anni '70 sviluppò alcuni concept art per un progetto di là da venire; questi furono poi presi come spunto per la serie TV, bellissima quanto rara, di X-Bomber. Uscita nel 1980 con una prima e unica stagione da 26 episodi, aveva alla base gli stessi topoi delle serie dei robottoni più famose, ma poteva vantare una realizzazione tecnica decisamente superiore. Sì, perché non stiamo parlando di un cartone animato: X-Bomber non fu animazione, ma quasi teatro, perché s'avvalse esclusivamente di marionette e modellini, per raccontare una storia dai contorni molto più sci-fi di quanto Go Nagai ci aveva abituato in passato. È verissimo: ci sono ancora degli alieni cattivi e l'unica speranza del mondo è affidata a tre piloti e al loro robot componibile, ma la realizzazione tecnica che prendeva spunto da altre serie americane, come quella dei Thunderbirds, ma migliorandola ancora, è quanto di più affascinante ebbi modo di vedere all'epoca.
Quand'ero bambino, mio nonno, da buon siciliano, mi portava ogni tanto a vedere l'Opera dei Pupi. Adoravo quei cavalieri, adoravo il modo in cui sembravano vivi, sebbene fosse possibile distinguere bene i fili che il mastro marionettista usava per muoverli. Era magia, di quelle che, pensavo, non poteva avere repliche. Invece, in un pomeriggio estivo, mi trovai davanti la TV a vedere un'Opera dei Pupi dall'ambientazione spaziale, con una ancor più invisibile mano ad animare i personaggi. La magia era rinata. Di più, s'esprimeva nelle scene in cui il robottone X-Bomber s'andava a comporre. Sarebbe incredibile descrivere la sapienza di un mondo antecedente la CGI, quando ogni effetto visivo bisognava realizzarlo al meglio e le serie Super Sentai stabilivano in qualche modo il metro di paragone per distinguere un buon risultato da un altro approssimativo. X-Bomber riusciva benissimo a reggere il confronto, anzi: a dirla tutta, ci riuscirebbe pure oggi, se non fosse finita nel dimenticatoio.
In assoluto, X-Bomber è la serie di robottoni che ha avuto meno repliche, tanto da farci pensare, a un certo punto, d'averla immaginata. Ancora oggi non tutti i miei amici ne hanno ricordo, accentuando la sensazione di un ricordo troppo bello per essere vero. Eppure, quando arrivò in Italia non fu affatto snobbata e le furono riservate le stesse attenzioni delle parenti più blasonate, a iniziare da una sigla rock che pompava come non mai, fino a un doppiaggio nel quale era possibile trovare voci di un certo spessore, quella di Liù Bosisio su tutte. X-Bomber era una serie speciale nel senso più ampio del termine ed è un vero peccato che non si veda tanto spesso passare in TV, perché davvero riusciva a spingere sul pedale della fantasia in modi inaspettati, giocando moltissimo sul pensiero magico del bambino, desideroso che ogni oggetto prendesse vita e di vivere emozioni nuove. Inoltre, riuscì a portare la narrazione a livelli molto più evoluti della media. I temi trattati andavano ben oltre l'usuale lotta contro gli alieni invasori, ai quali erano dedicate scene, spesso in forma di flashback, utilissime a delinearne il background psicologico. C'erano l'azione, il mistero, lo Spazio e l'amicizia, in una miscela sapiente arricchita ulteriormente dalla tecnica realizzativa, quando sarebbe stato molto facile basarsi unicamente su quest'ultima e sbagliare tutto. Non accadde, per fortuna, e X-Bomber appare oggi ancora più rara proprio per questo.
di Alessandro Sparatore
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