Bohemian Rhapsody
«Noi siamo una famiglia»
È uno dei film più attesi degli ultimi anni: la sua produzione era iniziata nel 2010, ma tra ripensamenti, riscritture e cambi della guida artistica, finalmente ci siamo. Bohemian Rhapsody è realtà. La pellicola è dedicata all’ascesa dei Queen, ma soprattutto al suo frontman, uno dei più grandi volti della storia del Rock, Freddie Mercury. Bohemian Rhapsody ripercorre passo passo tutte le tappe fondamentali, dalla formazione della band fino allo storico concerto a Wembley, in occasione del Live Aid del 1985. Il perno di tutta la narrazione è ovviamente Freddie Mercury, protagonista assoluto di cui seguiamo tutta l’evoluzione personale e artistica. In primo piano ci sono le canzoni, insieme ai tormenti psicologici del cantante. Sempre presente e fondamentale il toccante rapporto con gli altri componenti dei Queen, una famiglia più che una band, come sottolineato più volte durante il racconto.
È evidente il grande sforzo fatto nel casting, per trovare l’unione di bravura attoriale e di un’indubbia somiglianza fisionomica tra personaggi reali e attori. Impresa sicuramente riuscita. Abbiamo attori d'ottimo livello, capaci di riprodurre in tutto e per tutto, non solo fisicamente, i loro alter ego. In questo, una menzione d’eccezione va ovviamente a Rami Malek, il quale s'è sottoposto in maniera evidente a un grande lavoro di preparazione per interpretare la parte.
Egli stesso, in conferenza stampa, ha parlato di un anno e mezzo di full immersion, tra lezioni di canto e coach che lo aiutavano a riprodurre perfettamente l’accento di Freddie Mercury, quand'ancora non era neanche sicuro del ruolo. Sempre nella stessa occasione, l'attore ha affermato di sentirsi in un certo senso vicino al personaggio, poiché il cantante britannico era un immigrato nato a Zanzibar, come lui è un americano di prima generazione di origini egiziane.
Bohemian Rhapsody sembra invitare lo spettatore a entrare sempre più a fondo nella psiche di Freddie Mercury, al processo creativo delle canzoni e, ancora, alle dinamiche interne della band, ma è pur vero che non va a fondo in nessuno di questi. Probabilmente, un totale scavo di tutti gli aspetti avrebbe portato la pellicola ad avere un enorme minutaggio, ma un po’ d'amaro in bocca rimane, insieme a un leggero senso d'incompiuto, poiché c’erano tutte le basi per un racconto un po’ più approfondito. Questo sentimento si prova proprio perché il film è estremamente coinvolgente e c’è sempre voglia di vedere qualcosa di più. La riprova dell’empatia instaurata con lo spettatore risiede tutta nella scena finale della performance al Live Aid, riprodotta nei minimi dettagli e capace di far venire letteralmente la pelle d’oca. Sempre in conferenza stampa, gli attori presenti hanno raccontato una curiosità: la scena del live nello stadio è stata la prima a essere girata, sebbene fosse la più difficile, ma è stata fondamentale per cementare il gruppo.
di Edoardo Frazzitta
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