Accipis?
Morte: «Tu tenta a salvarlo et avrai così gloriosa morte. Io là sarò, tra minuti diece. Procedimi!»
Brancaleone: «Diece minuti col caval mio Aquilante? Facimo in fra un'oretta et ivi sarai mia!».
Un confronto diretto, a singolar tenzone, tra i due capitoli della saga del condottiero norcino, vede Brancaleone alle Crociate soccombere irrimediabilmente di fronte alla inarrivabile vis comica e all' impietoso ritratto dell'Italia d'ogni tempo contenuto ne L'Armata Brancaleone, ma seppure longo è lo cammino per avvicinarsi alla grandezza del capolavoro del 1966, ciò non significa che anche in quest'occasione la collaborazione tra il maestro Mario Monicelli e i venerabili Age & Scarpelli non abbia permesso di confezionare un film divertente e pieno di personaggi memorabili. Seguendo uno schema narrativo anche troppo simile a quello del suo predecessore, ovvero il girovagare tra una disavventura e l’altra del magnifico Vittorio Gassman nei panni del Cavaliere da Norcia, il successo del primo capitolo e il pieno rispetto della coralità tipica della commedia all’italiana e, soprattutto, monicelliana, permetteranno a Brancaleone di farsi duce di una nuova, grottesca schiera di ridicoli figuri.
Lino Toffolo, quello che cantava Johnny Bassotto, per capirci, s'unirà alla compagnia in qualità d'improbabile interprete; Paolo Villaggio approfitterà del ruolo di un infido mercenario per portare sullo schermo una curiosa variante medievale del suo «tetesco di Germania»; Stefania Sandrelli, bella anche scarmigliata e vestita di sacco, interpreta una strega gelosa. A completare il gruppo, un lebbroso a sorpresa, Beba Loncar, e il compianto Gigi Proietti, nei panni di ben tre personaggi: un peccatore, un santo e un altro che lasceremo indovinare a chi già non sa chi sia.
Laddove il primo film è ambientato in un generico Alto Medioevo di bassa lega, quasi del tutto privo di particolari riferimenti storici, Brancaleone alle Crociate sceglie di mescolare insieme un maggior numero di eventi realmente accaduti, anche se cronologicamente lontani e incongruenti, per permettere al nostro pseudo eroe e alla sua banda d'incontrare personaggi a dir poco particolari. Tra brutali massacri perpetrati nel nome di papi e antipapi, sante inquisizioni, faide nobiliari, anacoreti che finiscono inghiottiti dalla terra e monaci stiliti che somministrano saggezza dall’alto di una colonna, i nostri arriveranno alle porte di una città santa che sembra un teatrino dei pupi e dove un favoloso Adolfo Celi, vestito come il Re di un mazzo di carte francesi, porta avanti metà dei dialoghi del film in ridicola rima baciata.
Anche la posta in gioco è diversa. Se prima in palio c’era il possesso del ricco feudo di Aurocastro nelle Puglie, ora Brancaleone da Norcia si batte per ottenere dalla Morte stessa il privilegio di una fine gloriosa e veramente degna di un Cavaliere. È difficile, se non impossibile, attribuire a Brancaleone alle Crociate un giudizio che non tenga conto del divario che lo separa dal suo brillante primo capitolo. Si sghignazza, anche parecchio; si rimane meravigliati di fronte a un cast d’eccezione, a scenografie e a costumi, originali e spassosi, ma nonostante tutto e nonostante la sfilza di trovate geniali messe in scena con un ritmo perfetto, non si può fare a meno di notare quanto sia sbiadita quell’immagine di Medioevo lurido e straccione che, lontano anni luce dalle chansons de geste o dal ciclo arturiano, s'è ricavata un posto nell’immaginario e nel frasario di intere generazioni. Accipis?
di Dr. Hoffattancòra
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