Cosa sarà
«Mi fa bene se piango un po’»
Ci ha provato, Francesco Bruni, a offrire al suo pubblico la visione ottimale del suo ultimo film, Cosa sarà. Ci ha provato iniziando le riprese solo dopo la certezza d'essere guarito, sebbene specifichi «almeno per ora»; attendendo che fossero produzione (la Palomar di Carlo Degli Esposti) e distribuzione (Vision Distribution per Sky) a decidere quale sarebbe stato il periodo migliore per l’uscita e lasciando carta bianca sulla strategia distributiva; scegliendo un primo titolo adatto alla storia raccontata, Andrà tutto bene, pronunciato dalla madre al protagonista durante un incontro onirico; carico di struggente commozione; decidendo poi, con lo scoppio della pandemia, di non abusare di quello che era divenuto un triste motto popolare e d'optare per Cosa sarà.
Ci ha provato anche rimandando l’uscita del film, precedentemente prevista il 19 Marzo, a causa del primo lockdown, per presentarlo in chiusura dell’ultima Festa del Cinema di Roma, per vederlo arrivare in sala il 24 Ottobre, destinato a restarci meno di 48 ore a causa del recente DCPM che ha sancito la chiusura di teatri e cinema. Il regista è arrivato, infine, a una «scelta dolorosa, ma condivisa», ovvero la messa in streaming on demand della pellicola, a partire dal 31 Ottobre e sulle principali piattaforme a pagamento. Francesco Bruni ha inoltre detto: «Sin dalle prime fasi di lavorazione, il supporto di Vision, Sky e Palomar non è mai mancato. Abbiamo cercato di scongiurare l’alternativa in streaming, perché volevo accompagnare il mio film nelle sale, tra la gente. Ma la nostra è una scelta di responsabilità. E mi hanno promesso che, anche se non con le 300 copie preventivate, Cosa sarà tornerà in sala non appena sarà possibile».
È innegabile come questa vicenda, seppur nei contorni drammatici di un settore che si trova, impotente, a essere tra i più colpiti dalla pandemia del Covid-19, sottolinei i perfetti tempi comici di Francesco Bruni il quale, prima come sceneggiatore e docente di tanti allievi divenuti originali talenti del nostro cinema, e ormai da diversi anni nella veste di regista delle sue storie, ci offre col suo quarto film un’opera che va oltre il concetto autobiografico, dimostrando la sua straordinaria capacità di mettersi al servizio della propria narrazione, degli attori coinvolti e del cinema stesso. Cosa sarà è, chiaramente, l’escamotage artistico con cui Francesco Bruni sceglie d'esorcizzare il lungo periodo di malattia e che lo ha trasformato in una chimera, dopo il trapianto ricevuto grazie alla donazione del fratello. Ha trovato in suo soccorso uno dei più grandi interpreti italiani, potendo affidare il ruolo del protagonista, Bruno Salvati, a Kim Rossi Stuart. L’attore romano, coinvolto anche nella stesura finale della sceneggiatura dallo stesso regista, a denotare ulteriormente la sua enorme umiltà, attua una vera e propria brunizzazione del suo fisico nel rapportarsi al personaggio: dal taglio dei capelli, optando per un’accentuazione della stempiatura, allo studio della gestualità del regista, che fa sua in un modo impressionante; dai tic, fin quasi ad arrivare a uno studio sulla voce, che si può notare ascoltando le interviste video del regista. Dalla vita privata di quest'ultimo traggono ispirazione anche i personaggi dei figli del protagonista, Tito e Adele. Al giovane ed esordiente Tancredi Galli, suggerito a Francesco Bruni dalla sua storica Casting Director, Chiara Natalucci, è affidato il ruolo del figlio adolescente di Bruno, spaventato, non solo dalla malattia del padre, ma dalla vita stessa, dalla paura di non saperla affrontare e di non esserne all’altezza. Si nasconde ancora la faccia, come se ogni giornata fosse un continuo rivivere quel viaggio sul trenino degli orrori in cui da bambino scoprì per la prima volta che non sarebbe bastato non essere solo per avere meno paura del mondo. Fotinì Peluso, invece, uno dei volti più promettenti del nostro cinema e dotata di un'innata presenza scenica, proprio grazie alla sua partecipazione in Cosa sarà rivela una sconvolgente bravura nel garantire al suo personaggio un’impostazione comica e ironica sempre credibile. A lei spetta il ruolo della figlia Adele, protagonista di una delle scene di maggior spessore drammatico di tutto il film, in cui lo sfogo di una figlia in un momento d'incomprensione diventa il momento in cui esprimere, urlare, la sua fragilità e la voglia di poter «essere stupida, capricciosa, egoista, inaffidabile», per poter essere lasciata libera da un senso di responsabilità che la fa sentire più oppressa che forte.
Già presente in ruoli sempre iconografici e fondamentali in tutti i suoi precedenti film, è qui nel ruolo di della dottoressa che scopre la malattia e accompagna Bruno nel percorso verso il trapianto Raffaella Lebboroni. Offre un’interpretazione mai esasperata, quanto essenziale nei gesti e nelle battute; è sempre di più la fata delle pellicole del marito. È un personaggio protettivo, anche quando lontano: lo è stato da insegnante, in Scialla; da zia e da insegnante in Noi 4; quando spiegò ad Alessandro quanto occuparsi degli altri fosse un atto d'assoluta responsabilità in Tutto quello che vuoi; lo è ancora per Bruno in Cosa sarà, facendogli capire che la malattia è una cosa seria, ma che il solo modo d'affrontarla sia con l’animo leggero. Francesco Bruni mette anche se stesso nel film: impossibile non pensare a lui guardando l’ansia del regista Bruno Salvati nel voler vedere realizzato in tempo il suo lavoro, nel sentirsi in diritto di pretendere che sia lui il solo a deciderne il destino, vivendo come un affronto stilistico l’accusa da parte del suo agente di fare commedie incapaci di far ridere. Bruno Salvati (o sarà, piuttosto, «Bruni, salvati»?) scopre nella malattia l’importanza d'avere gli affetti più cari al proprio fianco, a prescindere da incomprensioni o grado di parentela e che l’ironia è l’arma per poter superare i momenti più drammatici. Il regista ci ha raccontato che Cosa sarà è dedicato all’amico Mattia Torre, anch'egli sceneggiatore e regista, ugualmente ricoverato nello stesso periodo in cui l’ospedale divenne la casa di Francesco Bruni, quando i due si scambiavano messaggi e telefonate per fare quasi a gara a chi avesse i valori delle analisi più sballati. Quelle risate, quelle battute erano i momenti in cui la paura, il dolore, erano messi da parte per godere del potere curatore della risata.
«Si ride pure» in Cosa sarà, come dice spesso Francesco Bruni. E confermiamo: lo si fa spesso e volentieri, soprattutto assistendo al tenero rapporto tra il protagonista e l’infermiere che si occupa di Bruno durante il ricovero, con un Nicola Nocella in grado di farci ricordare quanto fondamentale sia il ruolo della spalla nella storia della commedia italiana e di quanto grandi possano essere i suoi interpreti. Ma si piange anche, a lungo e in modo potente, aggiungiamo noi, con lacrime provenienti dal nostro profondo, dalle nostre esperienze di spettatori messi a nudo da uno dei registi migliori che il panorama italiano stia offrendo nell’ultimo decennio. Perché, come dice un Bruno solo nel suo letto in isolamento, durante il ricovero, «fa bene piangere un po’». Per ricordare quanto possa essere bello tornare a ridere.
di Joana Fresu De Azevedo
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In questa recensione sono citati:
• Noi 4 (film)
• Scialla (film)
• Tutto quello che vuoi (film)