Il Signore dei Sogni
E arriva il momento di confrontarsi con un mostro sacro: David Lynch non è solo un regista, allo stesso modo in cui Dante travalicava il suo essere un poeta e Star Wars va ben al di là del semplice film con astronavi e blaster. David Lynch è, infatti, un artista visionario, onirico e surrealista, d'avanguardia e rivoluzionario. Difficile da digerire per molti, perché i suoi film lasciano sempre un retrogusto strano e disturbante, che spesso sedimenta fino a diventare quasi evanescente, per tornare a galla quanto meno te lo aspetti. Il suo sguardo da regista (il famoso Occhio di Lynch) fotografa il mondo con una sensibilità diversa da quella degli altri e in questo piccolo particolare si nasconde il genio, sempre. Non a caso il suo primo amore è la pittura e la sua prima esperienza alla regia nasce da un suo quadro. Si tratta di Six Figures Getting Sick, una video-istallazione proiettata su una scultura, con una sirena in sottofondo. Si tratta di un'opera fortemente sperimentale, come lo saranno anche i corti successivi: offrono a David Lynch l'opportunità di prendere dimestichezza con il nuovo mezzo espressivo della macchina da presa. Mezzo cui si dedicherà quasi esclusivamente, a partire dal 1970. Infatti, nel 1971 iniziano le riprese del suo primo lungometraggio. Si tratta di un horror incentrato su freudiane paure del diventare padre, Eraserhead: la mente che cancella (1977). Le riprese durano circa 6 anni a causa del continuo esaurimento del budget e, alla fine, il film è considerato come impossibile da distribuire. Riesce comunque a guadagnarsi una nicchia nelle sale e lancia David Lynch nella sua fortunata carriera di regista. Tra l'altro, è visto anche da George Lucas: gli piace talmente tanto, da proporlo alla direzione de Il Ritorno dello Jedi. Non osiamo pensare a cosa sarebbe potuto essere se l'operazione si fosse concretizzata. Il primo vero passo verso il grande pubblico arriva, però, con The Elephant Man (1980), biopic basato sulla vicenda reale di Joseph Merrick, affetto della Sindrome di Proteo, responsabile della crescita incontrollata di ossa e tessuti. Il produttore è Mel Brooks, il quale però non volle apparire nei titoli di coda, per non correre il rischio che gli spettatori associassero il film alle sue commedie. David Lynch non era in lizza per la regia di The Elephant Man, almeno finché Mel Brooks non vide Eraserhead...
Quattro anni dopo il successo mondiale, David Lynch torna dietro la macchina da presa per un progetto ambizioso, patrocinato da Dino De Laurentiis. Colossal fantascientifico nella mente del produttore, film visionario e simbolico per quella del regista, arriva Dune (1984) e, purtroppo, si rivela invece un fiasco clamoroso. Il problema è principalmente il montaggio, del quale il regista non ha alcun controllo e che rende il film incomprensibile, al punto da dover correre ai ripari con una versione allungata a 3 ore e mezza. Ma anch'essa è ben lontana da quella immaginata da David Lynch, il quale decide due cose: non essere accreditato nei titoli di testa e pretendere sempre la Final Cut nei suoi futuri lavori.
La mazzata pare grossa e infatti per un po' il regista torna al suo primo amore, la pittura. Con De Laurentiis lavorerà in seguito per Velluto Blu (1986), grazie al quale riceverà la sua seconda nomination agli Oscar; sarà un successo di critica e botteghino. Ma il vero riconoscimento planetario, capace di fare più volte il giro del pianeta, arriva all'inizio degli anni '90: si tratta di Twin Peaks (1990-1991), serie capace d'innovare per sempre e di diventatare culto, sebbene anch'essa sfuggita al controllo diretto del regista. Nel 1992 David Lynch girerà anche un prequel, dal titolo Fuoco cammina con me, la cui storia ripercorre gli ultimi giorni di vita di Laura Palmer, protgonista e vittima dello show: si rivelerà un flop ed è considerato come uno dei punti più bassi della sua carriera. Nel film è presente anche David Bowie. Sorte e riuscita diversa avrà invece il sequel, andato in onda come serie TV di 18 episodi nel 2017: i fan di Twin Peaks ringraziano, commossi.
Della TV David Lynch sembra innamorarsi e molti suoi progetti successivi sono per il piccolo schermo: American Chronicles (1990), On The Air (1992), Hotel Room (1993) sono tutti lavori dalle fortune alterne. Per vederlo tornare al cinema, bisogna aspettare ancora qualche anno, quando esce Strade Perdute (1997), un noir talmente intricato, da doverlo guardare più volte: infatti, prima riceve critiche negative, per poi essere rivalutato e diventare un cult. Il nuovo millennio è appena iniziato, quando arriva Mulholland Drive (2001). Sarebbe dovuto essere il pilota per una serie della ABC, ma non piace e il progetto è cancellato. Dunque David Lynch trova un finanziatore e decide di trasformarlo in un film per il cinema, col quale guadagna la Palma d'Oro a Cannes e la terza nomination agli Oscar. Alla faccia tua ABC, così impari!
David Lynch è un regista coerente, a volte incompreso, altre incomprensibile per davvero. La sua visione artistica è sempre di ricerca e sperimentazione, come dimostra il suo Inland Empire (2006), girato senza copione, o il più recente Duran Duran: Unstaged (2014), nel quale monta in diretta streaming il concerto della band simbolo degli anni '80. È un visionario e ha sempre voluto fare lo psichiatra: riversa questa aspirazione nelle sue opere, avvalendosi di sogni e fantasmagorie. Per capirlo, forse bisogna considerare come il suo scopo sia mostrare al pubblico non quanto esso vuole vedere, ma quanto, invece, vorrebbe rimanesse invisibile per sempre.
di Alessandro Sparatore
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