Fiore
«Mi alleggerisci la galera»
Daphne ruba gli smartphone sotto la metropolitana. Coltello alla mano e camminata mascolina, s’avvicina alle prede dicendo: «Dammi er cellulare e il pin». Ma il giochetto non dura molto e la ragazza è arrestata e portata nel carcere minorile. Comincia così il nuovo film di Claudio Giovannesi, che è stato presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes, dov’è stato accolto con calore: uscirà nelle sale, distribuito da Bim, a Roma e a Milano il 25 Maggio e dal 1° Giugno in tutta Italia. Il regista romano, già noto al pubblico per aver diretto Alì Ha Gli Occhi Azzurri, film vincitore del Gran Premio della Giuria della settima edizione del Festival di Roma, torna a raccontare la storia di un’adolescente di borgata e le sue contraddizioni. Nel precedente lungometraggio, il protagonista era un egiziano, nato a Roma e cresciuto a Ostia, il quale non si ritrovava nella cultura musulmana, desiderava essere italiano e per questo portava le lenti a contatto azzurre, a nascondere i suoi occhi neri. In Fiore, invece, la protagonista è una ragazzina (Daphne Scoccia), che si trova rinchiusa in un carcere minorile, dove conosce Josh (Josciua Algeri), giovane rapinatore anch’egli. I due non possono incontrarsi e il loro rapporto è fatto solo di sguardi e di lettere clandestine che si inviano, incuranti delle regole che vietano qualsiasi forma di comunicazione tra le due palazzine, una per i detenuti maschi, l’altra per le femmine. La loro è una storia d’amore d’altri tempi. Una storia fatta di un bacio rubato tra le sbarre di una cella, di bolle di sapone sospirate, di mani che si sfiorano consegnando una pizza. Un rapporto fatto di piccoli gesti, di sogni e d’immaginazione.
Ed è proprio questo il bello di Fiore. Un film fatto di dialoghi scarni, perché per esprimere i sentimenti non contano le parole. Basta semplicemente un gesto o un sorriso. E uno sguardo. Come quello del padre di Daphne, Ascanio, interpretato da un bravissimo Valerio Mastandrea, il quale del film è anche produttore associato. Un ex detenuto che ancora non si è abituato a stare fuori dal carcere. L’attore è un uomo che ora vive nella piccola casa della nuova compagna rumena, insieme al figlio di lei: non se la sente di farsi affidare in prova Daphne. Vuole bene alla figlia, ma non sa bene come dimostrarlo, se non attraverso, appunto, sguardi e piccoli gesti, come il ripiegarle due volte la coperta, perché di notte fa freddo, o l’accarezzarla dicendole quanto stia bene con il nuovo vestito. Fiore racconta così anche il rapporto difficile tra un padre e una figlia. E lo fa sempre attraverso la sottrazione e i silenzi, il non detto, il non esplicito, il non vissuto.
Claudio Giovannesi dimostra nuovamente d’avere uno sguardo attento al mondo degli adolescenti alla ricerca di una propria identità. D’altronde il regista, prima di girare il film, ha trascorso quattro mesi lavorando in laboratori di cinema con i ragazzi dell’istituto penale minorile romano di Casal del Marmo, raccogliendo le loro storie. La maggior parte delle scene sono state, però, girate nel carcere de L’Aquila, ora inutilizzato. Bravissima l’esordiente Daphne Scoccia. Minuta e grandi occhi neri, la giovane marchigiana è stata scoperta dal regista in un ristorante di Monteverde a Roma, dove serviva ai tavoli. Accanto a lei, Josh Algeri, che in prigione c’è stato veramente e che nel carcere Beccaria di Milano ha studiato recitazione.
La macchina da presa pedina i personaggi, li segue da vicino e il regista fa sua la lezione del Neorealismo, di Pasolini e della Nouvelle Vague. E come Godard e Truffaut, mette al centro il tema della fuga da costrizioni, siano esse familiari o istituzionali. La fuga d’amore di Daphne e Josh va verso un futuro incerto e verso la libertà di due ragazzi, colpevoli di fronte alla legge, ma innocenti in quanto giovani e forti di un sentimento capace d’andare contro qualsiasi regola. Il regista ci regala così un piccolo Fiore nel panorama del cinema italiano.
di Giulia Lucchini
In questa recensione sono citati:
• Alì Ha Gli Occhi Azzurri
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