Il Virgilio folle
Tra i meccanismi più affascinanti dell'Horror, c'è quello che Stephen King ha identificato in Danse Macabre come Teorema della Porta Chiusa. Il concetto è semplice, quanto insidioso: per far montare la suspense, i mostri non li devi vedere subito. L'orrore è dietro la soglia, su una scala scricchiolante o in una palla che rotola dal nulla verso di te, in qualcosa fuori posto o fuori fuoco. Ma, prima o poi, punto debole di tale teoria, quella porta la devi aprire e il mostro lo devi far vedere e, se non ti sei giocato bene le tue carte, il risultato sarà deludente, se non addirittura risibile. A meno che non ti trovi di fronte Cthulhu. Se mai c'è stato un autore ad aver ingaggiato una vera è propria battaglia con il Teorema della Porta Chiusa, è sicuramente H.P. Lovecraft. Le creature soprannaturali nei suoi racconti raramente sono descritte in maniera particolareggiata; spesso sono innominabili, blasfeme, insane. Sono orrori antichi, ispiratigli dagli incubi che lo hanno perseguitato durante la notte, fin dall'infanzia, quindi carichi dei simbolismi del subconscio. I Grandi Antichi sono archetipi del Male nel senso più stretto, alieni in quello più largo. Archetipi in quanto malvagi e fuori natura, qualcosa che non può o non potrebbe esistere e, invece, come un'ombra sempre presente rimangono nella coscienza dell'umanità, per risalire in superficie di quando in quando. Alieni perché provengono da altri luoghi, Spazi, tempi e dimensioni.
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H.P. Lovecraft scrive racconti di Fantascienza e va al di là dell'Horror. Non a caso, la sua influenza s'è fatta sentire moltissimo negli anni '50, quando i due generi erano spesso sovrapposti e la paura, quando non veniva dallo Spazio, era generata sulla Terra. Non è difficile vedere in tutto questo lo spettro dell'atomica: la scienza e l'uomo avevano creato l'orrore più terribile di tutti e l'avevano anche mostrato al mondo intero, nella sua tremenda e devastante ferocia. In effetti, a pensarci bene, H.P. Lovecraft fu capito poco dai suoi contemporanei, fatte salve alcune menti illuminate, in grado di cogliere a pieno la straordinaria profondità di quanto si celava dietro gli «orrori inimmaginabili». H.P. Lovecraft godette di moltissimo successo solo negli anni successivi alla sua morte, divenendo fonte d'ispirazione per moltissimi film e libri: molte delle sue opere più famose, come Il Richiamo di Cthulhu, per dirne una, furono rifiutate, tanto che lo stesso autore pensò più volte d'abbandonare la scrittura. Prendiamo il suo classico, Il Colore Venuto dallo Spazio, e vediamone la trama, per sommi capi: un meteorite si schianta sulla Terra, c'è un mostro dentro, un alieno indefinito che corrompe tutto il suolo e i suoi frutti, irradiando la sua aura malsana dentro l'animo degli esseri umani, facendoli impazzire. Non vediamo il mostro, ma sappiamo che si nasconde in un pozzo. Con le dovute differenze, è più o meno la trama di Blob: Fluido Mortale, nonostante il film del 1958 faccesse vedere la creatura, mentre nel più raffinato racconto di H.P. Lovecraft essa rimane solo una presenza minacciosa, in grado di corrodere l'animo e la mente, ma non il corpo. La corruzione della mente non è elemento da sottovalutare: se, infatti, nei racconti di H.P. Lovecraft si citi spesso il Necronomicon, libro di magia nera scritto dall'arabo folle Abdul Alhazred, in molti sono caduti nel tranello letterario di considerarlo un testo realmente esistente. Ecco dove s'insinua la follia, ecco il gioco dell'autore americano e l'incredibile effetto collaterale delle sue opere.
Raccontando un mondo coerente, tenuto insieme da una fitta rete di riferimenti e autocitazioni e da una trama ancestrale, di cui solo alcuni episodi sono svelati, con una mitologia ricca e assolutamente realistica, gli scritti di H.P. Lovecraft colpiscono l'immaginazione dei lettori in modo subdolo, senza mostrare loro l'orrore o quasi mai, preferendo invece lasciarlo solo intuire. Ci conducono in un luogo della mente dove la paranoia regna sovrana. E anche tu diventi in qualche modo insano e immagini da solo tutto quanto lo scrittore tace. È questo il segreto del successo del suo modo di scrivere onirico e basato su archetipi ancestrali. Come accade nei suoi racconti, spesso scritti da chi gli eventi narrati li aveva visti molto tempo prima di descriverli, anche noi diventiamo ricettacolo di quelle storie, al pari di uno dei personaggi. Siamo testimoni inconsapevoli di quanto s'annida nelle profondità dell'oceano o negli immensi Spazi siderali; si tratta sempre di un qualcosa d'alieno e malvagio, di predatori per i quali noi siamo insetti o poco più, esseri gelosi che vogliono essere adorati come Dei e possono disporre della vita e della morte di tutti gli uomini. È una discesa anche nelle fantasie d'onnipotenza che abbiamo avuto tutti nella nostra adolescenza o, peggio, in quelle di un bambino viziato, incapace d'accettare che esista altro per i propri genitori al di fuori di lui, in quell'universo di cui vuole essere il centro. H.P. Lovecraft fa questo, forse inconsapevolmente, ma sicuramente con una discreta conoscenza della prosa, antiquata per formazione, inadeguata davanti agli orrori moderni che vuole descrivere, dentro la mega trama che lega tutto il ciclo dei Grandi Antichi. Rimaniamo ancora affascinati dal suo mondo di follia e di demoni, di blasfemie non contro Dio, ma contro la stessa natura; di fronte alle sue creature aliene, perché estranee ai nostri cataloghi mentali, prima ancora in quanto provenienti (poche volte) davvero dallo Spazio. H.P. Lovecraft è sicuramente un autore da scoprire e riscoprire mentre attraversiamo le varie fasi della vita ed è certamente uno degli autori che più hanno influenzato il nostro modo di narrare le storie. Un maestro non solo dell'Horror, un pazzo visionario e misogino capace di racchiudere le nostre paure ataviche e i nostri vizi nascosti in racconti quasi freudiani. Un Virgilio folle, che ci guiderà sempre alla scoperta delle ombre più nascoste e pericolose della nostra mente.
di Alessandro Sparatore
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