Il Primo Re
«Il Dio è con noi»
Nel 753 a.C., sette Re di Roma prima di Francesco Totti, Romolo (Alessio Lapice) e Remo (Alessandro Borghi) erano due semplici pastori. Dopo un'esondazione del Tevere, i due si ritrovano naufraghi e prigionieri di una tribù del Lazio, che ha l'intenzione di sacrificarli al Dio. I due, dopo essere fuggiti dalle grinfie dei rapitori, insieme a un gruppo di altri schiavi, tentano d'attraversare il Tevere, per fondare una nuova tribù e vivere da uomini liberi il resto della loro vita. Il resto è leggenda.
Il Primo Re, diretto da Matteo Rovere (Veloce come il Vento) e prodotto da Groenlandia (la trilogia di Smetto Quando Voglio), è l'adattamento cinematografico della famosa leggenda che vide la nascita di Roma. Il film, nonostante le premesse che davano l'idea di un fantasy, tende a essere realistico: difatti, non c'è la presenza della famosa lupa. Da lodare è il minuzioso lavoro fatto dal gruppo di semiologi dell'università La Sapienza, i quali hanno ricostruito il latino arcaico, che si presuppone fosse parlato dagli abitanti del Lazio dell'epoca. Tutti i dialoghi, infatti, sono recitati in quella lingua, per dare anche un respiro internazionale alla pellicola e poterla esportare in tutto il mondo. Eppure, nonostante la lingua sia uno dei punti forti de Il Primo Re, proprio nella sceneggiatura risiede il più grande difetto del film.
Il vero problema de Il Primo Re è la struttura della narrazione. Romolo, alla fine del primo atto, è ferito al costato e passa buona parte del film in coma. Remo, a differenza sua, prende le redini del gruppo, conquistando un villaggio, autoproclamandosi Re e diventando una sorta di Macbeth. Le differenti personalità dei due si notano sin dall'inizio, ma il conflitto scatenante fratricida avviene solo alla fine. Romolo passa un intero atto in coma e non è sviscerato il fatto che Remo diventi man mano più violento e assetato di potere, mentre il fratello ha una visione diametralmente opposta. Il conflitto fra i due esplode e si conclude solamente negli ultimi 20 minuti del film, rendendo il tutto un po' buttato lì. Se fosse una storia normale, sarebbe anche passabile, ma qui si sta parlando di uno dei fratricidi più famosi della storia, insieme a quello di Caino e Abele.
Dal punto di vista della regia, Il Primo Re eccelle e non poco. I combattimenti sono molti e sono coreografati alla perfezione. Matteo Rovere gira ogni scena in maniera impeccabile, a differenza di film d'oltreoceano, come l'intera saga Taken. La fotografia, invece, pecca nelle scene di giorno: le luci e le riprese tendono a essere talmente naturali, da lasciare un tono piuttosto grigio in scena, rendendo le foglie sugli alberi quasi dello stesso colore del terreno, ma questa è una questione di gusti. In conclusione, Il Primo Re nonostante i difetti di sceneggiatura è un lavoro ambizioso, che ha dato i suoi frutti. Dopo Lo Chiamavano Jeeg Robot, il cinema italiano aveva bisogno di una scossa con un film di genere che potesse attrarre, oltre al pubblico nostrano, anche l'interesse dell'audience internazionale. Il Primo Re ci riesce benissimo.
di Valerio Massimo Schiavi
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In questa recensione sono citati:
• Smetto Quando Voglio (saga)
• Taken (saga)
• Lo chiamavano Jeeg Robot (film)