Tutto è ancora possibile
Forse, un lato positivo nella recente scomparsa di David Bowie è che, il giorno dopo, abbiamo potuto assaporare una rassegna di alcuni suoi film. Sulle reti nazionali si sono succeduti L'Uomo che cadde sulla Terra e Miriam si sveglia a Mezzanotte, due classici che chiunque dovrebbe vedere, mentre le reti Mediaset hanno trasmesso Il Mio West... Altra caratura! Ovviamente, il film cui siamo più affezionati è un vecchio Fantasy del 1986. Si tratta di Labyrinth e non possiamo esimerci dal parlarne. Partiamo dalla regia, che vede protagonista Jim Henson, papà blasonato dei Muppets e dietro la macchina da presa anche del meno famoso, ma molto cult, Dark Crystal, firmato insieme a Frank Oz. La verve visionaria del regista si scatena letteralmente nell'animazione impeccabile di molte delle creature che popolano il film. Questo ci riporta a un altro elemento fondamentale: la realizzazione degli effetti speciali, molto manuale, ma assolutamente sbalorditiva. I pupazzi del mondo di Labyrinth parlano, si muovono e danzano quasi fossero vivi e parte della magia è data anche dalle coreografie, curate da una certa Gates McFadden, meglio conosciuta nei panni di Beverly Crusher, medico dell'Enterprise comandata dal Capitano Picard. Punto non meno importante è la storia, che può essere vista con gli occhi di un bambino e, in una curiosa ambivalenza, con quelli di un adulto. Il plot è semplice: Jareth, il Re dei Goblin (David Bowie), rapisce il fratellino di Sarah (una giovanissima Jennifer Connelly), la quale proprio a lui si era rivolta in un momento di rabbia, costretta a fare da balia al piccolino da suoi genitori. Ma la ragazza lo rivorrebbe indietro e Jareth la sfida a raggiungere il centro del Labirinto prima che trascorrano 13 ore.
Sarah non ha molta scelta e dunque accetta d'intraprendere il suo viaggio fino al cuore della Città dei Goblin. Incontrerà una moltitudine di creature tra le più strambe mai concepite e qualcuna di esse le sarà amica e fedele alleata (Sir Didymus è il migliore). Come se il Labirinto, immenso e complicato, non fosse poi abbastanza difficile da attraversare, lo stesso Jareth tenderà a Sarah parecchi tranelli. Giocherà sporco, molto sporco, e fino all'ultimo. Il viaggio della ragazza terminerà con un classico happy ending e, in più, Sarah avrà imparato a non scansare le sue responsabilità. Sarà cresciuta, una volta raggiunto il castello e, da sedicenne quasi bambina, sarà diventata una quasi donna. Sono tante le situazioni e i luoghi a restare impressi, scolpiti nella memoria: i comprimari del viaggio a tratti onirico nel dedalo del Labirinto, come Gogol, Bubo e il già citato Sir Didymus; David Bowie, a giocare con le sfere di cristallo in sequenze girate con l'ausilio del giocoliere Michael Moschen; le scenografie alla Escher all'interno del castello, la caduta della protagonista nel pozzo con le decine di mani ad afferrarla e ad assumere le sembianze dei volti più strani e tanto, tanto altro. Il linguaggio è fortemente evocativo per gli adolescenti e anche efficace, ma immaginate di vedere il film con gli occhi di un adulto. So che per molti di voi non sarà difficile...
Quando ci accostiamo a Labyrinth con la maturità ormai raggiunta da un pezzo, ecco che ci arrivano altre sfumature. Jareth è, sì, il cattivo, eppure mai una volta tenta di uccidere Sarah; vuole spingerla fino al centro del dedalo, la sua casa. Le rapisce il fratellino, e soltanto perché lei glielo aveva chiesto, implorato, la cui ricerca forse rappresenta la condizione di nuove responsabilità acquisite col crescere. Il Re del Goblin la sfida sempre e costantemente le ricorda che dovrà dimostrare d'essere brava, o meglio, addirittura più in gamba di lui. E la guarda, con occhi pieni d'ammirazione. Ecco il segreto dell'ambivalenza del film. Jareth ama Sarah, perdutamente, e Jareth è l'uomo adulto: cerca sempre di sedurla facendola sentire, ovunque si trovi, più piccola e indifesa. Diventa anche esplicito alla fine di Labyrinth, dichiarandole che sarebbe stato al suo servizio e avrebbe esaudito ogni suo desiderio, ma Sarah gli risponderà in un modo divenuto celebre: «Non hai nessun potere su di me». Su questo gioco si muove tutto Labyrinth: da una parte la fuga dalle responsabilità, dall'altra l'affidarsi a un uomo (o a una donna) più grande per non doverle accettare. Da bambina, Sarah diventa donna capace di guardare alla pari il suo principe e probabilmente si rende conto quanto dovrà ringraziarlo per quello che le ha dato modo di fare, cioè dimostrare a se stessa d'essere in grado di diventare adulta. C'è una scena di seduzione, nella quale Jareth e Sarah danzano come fossero un principe e una principessa. È sottolineata dalla colonna sonora, peraltro splendida e firmata dallo stesso David Bowie e Trevor Jones, unitamente al fatto che il tutto si svolge in un sogno creato dallo stesso Re dei Goblin, sempre con l'intento di far scordare alla giovane il suo obiettivo principale. I due si guardano negli occhi ed entrambi trasmettono un qualche tipo d'attrazione: per il maturo Jareth questa è rivestita da un certa sicurezza; negli occhi di Sarah traspare, invece, la curiosità di capire quali sentimenti stiano emergendo, agitandosi nel suo animo.
Ovviamente non stiamo affatto dicendo che Labyrinth sia una sorta di Lolita fantasy, ma semplicemente notiamo come, in fase di scrittura, tutto questo sottotesto emotivo sia stato perfettamente analizzato e utilizzato. Jennifer Connelly, poi, lo ha reso alla perfezione, con la conseguenza di rendere superflua ogni parola in più sull'argomento all'interno dello stesso film. Lo diciamo spesso e anche stavolta lo ripetiamo: se uno sceneggiatore si prende la briga di capire cosa il suo personaggio potrebbe provare nelle scene e nelle situazioni descritte, non ha bisogno di farglielo dire, perché riuscirà comunque a far percepire allo spettatore tutti i livelli emotivi voluti e certamente avere David Bowie e la già bravissima Jennifer Connelly aiuta parecchio. Quando, poi, lo sceneggiatore non è uno qualunque ma Terry Jones dei Monthy Python, allora il capolavoro è quasi assicurato. E infatti siamo qui, dopo tanto tempo, a parlare di Labyrinth.
di Alessandro Sparatore
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