I, Frankenstein
«Lui è la prova che Dio non è l'unico a poter creare la vita»
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Pensavate che Frankenstein fosse solo un orrido mostro, frutto del delirante patchwork di cadaveri rattoppati alla bell'e meglio dal suo creatore, l'omonimo scienziato? Nulla di più sbagliato: il nostro è un biondino trendy, dalla mascella virile e dagli addominali scolpiti, interpretato da Aaron Eckhart. Non solo. Combatte con asce, bastoni e lame di forgia differente; corre, ruzzola e cade da altezze considerevoli, senza subire danni apprezzabili. Fa a stecche da vero rude, insomma. E lo fa da più di duecento anni. Magari pensavate pure che non brillasse in fatto di acume. Anche in questo caso siete certamente vittima delle reminiscenze di quel Boris Karloff in bianco e nero, quello con gli elettrodi sul collo, per intenderci. Il ragazzo è sveglio, magari un po' scontroso, ma vorrei vedervi al suo posto. E poi c'è la cosmogonia, l'epica. Scopriamo che angeli e demoni sono roba superata, buona forse per i sequel de Il Codice Da Vinci. La vera lotta è tra gargoyle e demoni. Quando muoiono, i gargoyle ascendono in Paradiso in un fascio di luce azzurra degno della migliore discoteca di Riccione. I demoni, invece, discendono all'Inferno, disintegrandosi in lingue di fuoco che s'infilano nel terreno. I gargoyle sono organizzati in una sparuta legione, arroccata in una cattedrale rigorosamente gotica, in una non meglio specificata città degli Stati Uniti, noti per essere patria dello stile tutto guglie e archi acuti. Quando non rivelano il loro aspetto reale, i gargoyle sono atletici, risoluti e vestono come spartani, in cuoio e borchie. I demoni, invece, sono sparpagliati in tutto il mondo, nel soverchiante e originale numero di 666 legioni. Quando in borghese, sono ben rasati, à la page e vestono come le Iene di Tarantino. Il loro covo dista cinque minuti a piedi dalla base dei gargoyle, eppure, in centinaia di anni di lotte pirotecniche, questi ultimi non se n'erano mai accorti. Si può vincere la guerra con tale esercito? Ovviamente no, ma qui s'inserisce Frankenstein, a spostare l'equilibrio di questa impasse secolare: i demoni, infatti, lo cercano perché vogliono scoprire il segreto della sua esistenza. Nella loro base, il capo dei demoni sta collezionando cadaveri destinati a ospitare le anime dei suoi sottoposti discesi, per creare un'armata imbattibile, dotata delle qualità fisiche del nostro eroe. Per raggiungere tale scopo, si avvale della consulenza inconsapevole di due scienziati umani, per inciso gli unici umani dotati di battute in sceneggiatura in tutto il film: il classico topo da laboratorio, destinato a una morte dolorosa, che puntualmente arriva, e l'immancabile biondina il cui destino è sciogliere l'indurito cuore del mostro, cosa che con uguale puntualità si verifica nel corso degli eventi. L'originalità della trama è tale, che pure il mito delle bionde stupide è abbattuto: la dottoressa impiegherà pochi minuti per capire, leggendo gli appunti trafugati del dottor Frankenstein, il segreto per far tornare in vita un corpo morto e impiegherà ancora meno tempo per convincersi non solo che Frankenstein esiste in carne e ossa, ma che è pure un gran fico. Potere della scienza. Anche i gargoyle hanno un rapporto complicato con Frankenstein, per la verità: se inizialmente lo accolgono e con una fantasia sconcertante lo ribattezzano Adam, rapidamente lo declassano a nemico numero uno, da uccidere a vista. S'è macchiato, infatti, della morte accidentale di un umano, durante uno scontro con un demone. Preso tra due fuochi, Frankenstein farà l'unica cosa possibile: percorrere quei cinque minuti a piedi tra una base e l'altra, attirare dietro di sé i gargoyle e portarli là dove per secoli avrebbero tanto desiderato andare. E non dove avrei voluto mandarli io, maliziosi che non siete altro. Arriveranno alla base dei demoni proprio mentre le migliaia di anime discese all'Inferno stanno per abitare i cadaveri collezionati dal loro capo. Questa mossa permetterà a Frankenstein di riscattarsi agli occhi dei gargoyle e, cosa ancora più importante, di guadagnare, lui sì, un'anima. Ve lo avevo detto che era intelligente, no? Devo, però, spezzare una lancia a favore di questo film. La trama unisce elementi così distanti e improbabili che era impossibile entrare in sala armato dei miei popcorn e sperare di assistere a un bel film. Ecco, non sono uscito deluso e devastato emotivamente come dopo il terzo episodio di Matrix. Sono uscito, invece, tra le risate, ripensando ai marchiani buchi di trama e di sceneggiatura e al muscoloso Frankenstein intento ad affettare demoni, mentre interi palazzi crollano o implodono lasciando voragini aperte senza che nemmeno una volante della polizia si facesse vedere o una vecchietta si affacciasse alla finestra per capire se sotto casa ci fosse uno show di David Guetta o se a recarle disturbo fossero ancora le scaramucce tra gargoyle e demoni. E proprio mentre riflettevo che a completare l'opera mancava il proverbiale cazzottone alla Bud Spencer sulla testa del malcapitato di turno, ecco che Frankenstein mi accontenta, quasi mi avesse ascoltato. Cos'altro desiderare? di Ludovico Lamarra
In questa recensione sono citati:• Il Codice Da Vinci• MatrixLeggi anche le altre recensioni |