La Forma dell'Acqua
«Se non facciamo niente, non siamo niente»
Da bambini spesso si sogna di poter vivere e respirare sott’acqua, come fanno le sirene o i tritoni delle favole. Forse è proprio per questo che la sequenza iniziale di La Forma dell'Acqua affascina così tanto: immaginate di nuotare leggeri, dalla poltrona al letto, di sfogliare un libro o cucinare, stando immersi nel blu e nel verde degli abissi, in un’atmosfera di totale silenzio e tranquillità. Per alcuni potrebbe essere un sogno, per altri, invece, una fonte d'ansia, con l’acqua a riempire ogni spazio, senza vie di fuga. Questo dualismo è rispecchiato perfettamente in La Forma dell'Acqua (The Shape of Water in originale), il film Leone d'Oro a Venezia, trionfatore ai recenti Golden Globes e candidato a ben 13 premi Oscar: sorprende e coinvolge con delicatezza, ma allo stesso tempo si rivela inquietante. Attira e spaventa.
Il regista messicano Guillermo del Toro sfrutta sapientemente la storia per portare lo spettatore attraverso un caleidoscopio di emozioni, coadiuvato magistralmente dal compositore francese Alexandre Desplat, che ha curato la meravigliosa colonna sonora di La Forma dell'Acqua con musiche in stile anni ’50 e ’60. La vicenda è ambientata, infatti, in piena Guerra Fredda: in un laboratorio governativo di Baltimora è portato uno strano tubo pieno d’acqua. Vi è contenuta un misterioso essere, trovato in un fiume dell’Amazzonia e prelevato per scopi scientifici. Sotto al costume iridescente c’è Doug Jones, già interprete dell’uomo pallido ne Il Labirinto del Fauno: riesce a dare espressività alla creatura attraverso i soli movimenti del corpo. Sulla sua strada di recluso si porrà Elisa Esposito, interpretata dalla delicata Sally Hawkins. È un’addetta alle pulizie. Muta seppur udente, conduce una vita semplice e solitaria, fatta di giornate sempre uguali, scandite da azioni ripetitive. La vediamo preparare le uova sode per il pranzo, fare un bagno e concedersi un attimo di piacere, prima di prepararsi meticolosamente e prendere il pullman che la porta al lavoro. Si preoccupa del vicino, Giles (Richard Jenkins), un artista omosessuale che vive coi suoi gatti: le scene dei due intenti a guardare i balletti in televisione e ad accennare passi di danza sul divano sono di una tenerezza unica.
Le giornate monotone di Elisa, mitigate dalla sua collega Zelda (Octavia Spencer), esuberante e chiacchierona come a compensare il silenzio di lei, saranno spezzate dal compito di pulire il laboratorio dov'è tenuta la creatura. La reazione di Elisa andrà ben oltre la legittima curiosità: instaurerà col prigioniero una connessione istantanea. I due costruiranno una fiducia crescente, proprio perché entrambi impossibilitati a comunicare a parole, entrambi solitari, entrambi desiderosi di conoscersi, entrambi spaventati quanto attratti. E da creatura, l'altro diverrà persona. Il personaggio d'Elisa sembra scritto su misura per Sally Hawkins, già distintasi nel film di Woody Allen Blue Jasmine e ottenendo una nomination all’Oscar come Miglior Attrice Non Protagonista. La preparazione per La Forma dell'Acqua è stata lunga e ha compreso lezioni dell'American Sign Language e di ballo, necessarie per dar voce a un personaggio che ne è privo.
La creatura, invece, è mezzo uomo e mezzo pesce, una sorta d'anfibio brutalmente strappato alla sua terra per finire cavia degli americani, in lotta coi russi per sfruttarlo quale vantaggio per la corsa allo Spazio. Qui la dimensione fatata di La Forma dell'Acqua lascia il posto alla brutale realtà: così come ne Il Labirinto del Fauno, Guillermo del Toro usa il fantastico per catapultarci violentemente nella contingenza storica, caratterizzata dalla brutale lotta tra servizi segreti sovietici e statunitensi.
Il tema del diverso è affrontato con modi e personaggi differenti: la ragazza muta, l’omosessuale deriso, l’afroamericana in lotta per i propri diritti, la creatura imprigionata. La connessione tra tutti questi solitari tratteggia un mosaico variopinto di emozioni, mediante una rete di solidarietà e di comprensione contro la quale si erge il perfido Colonnello Strickland (Michael Shannon), responsabile del progetto di cui la creatura è ostaggio. Questo continuo passaggio tra favola e incubo, tra storia fantastica e reale, ci costringe a restare costantemente in balìa di una moltitudine di sensazioni: impossibile alzarsi dalla poltrona senza aver versato almeno una lacrima, salata come gli abissi appena esplorati grazie a La Forma dell'Acqua.
di Valeria Segatore
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In questa recensione sono citati:
• Blue Jasmine
• Il Labirinto del Fauno