A occhi aperti
Ed eccoci qui, una volta tanto, a parlare di un regista il cui nome potrebbe non dire molto ad alcuni di voi, ma che ha decisamente lasciato il segno col suo lavoro e, forse, lo farà ancora in un futuro molto prossimo. James Wan, di origini malesi, è vissuto in Australia, dove ha frequentato il MIT (Melbourne Istitute of Technology, non quell'altro) ed è negli anni del college che stringe amicizia con Leigh Whannell. Entrambi saranno dietro uno dei grandi successi horror degli inizi del nuovo secolo. Infatti, il primo come regista e il secondo come interprete, daranno vita alla saga di The Saw: l'Enigmista. Il primo capitolo esce nel 2004 ed è preceduto da un corto che James Wan realizza come prova. Il film è agghiacciante, spietato con lo spettatore come il folle killer lo è con le sue vittime e questo canone sarà lo stesso in praticamente tutte le pellicole a lui dedicate. Crudo e violento, The Saw: l'Enigmista costringe lo spettatore a guardare anche quando non vorrebbe ma, principalmente, lo spinge a immedesimarsi con le vittime del terribile gioco: la salvezza dipende da scelte morali. Non è solo il gore a conquistare, ma anche la capacità di James Wan, alla sceneggiatura insieme a Whannell, di creare situazioni in cui le decisioni da prendere nessuno di noi le vorrebbe mai avere di fronte. Se con la saga di Final Destination il gore è divertente (per me consisteva nel vedere come la Morte architettava la dipartita dei malcapitati) e il tono dei film è cupo, sì, ma spesso usa toni da commedia giovanile nella sua accezione più larga, in The Saw: l'Enigmista c'è davvero poco da ridere: tutto è tremendamente serio. Le scene più violente e truculente sono solo l'accento posto da James Wan alle scelte sbagliate fatte dalle vittime e nonostante il concetto di esse vada preso entro ampi confini; a volte, pure le scelte fatte prima d'essere catturati, oltre a quelle successive, mentre stanno cercando di sopravvivere e portare a termine il gioco mortale al quale sono sottoposte.
Il primo The Saw: l'Enigmista convince e piace anche a chi, come me, il gore lo reputa il mezzo più facile per fare horror. Quanto a James Wan, il primo capitolo gli vale un discreto ritorno in fama. Si concentra sul filone, dunque. Come sceneggiatore firma il terzo capitolo della saga e come produttore s'occuperà di tutti quelli usciti finora. Ovvio: col passare del tempo la qualità è sempre minore e quanto era nuovo nel primo film diventa cliché nei successivi. Ma non c'è solo The Saw: l'Enigmista: infatti nel 2007 arriva Dead Silence, storia di pupazzi assassini sceneggiata ancora da Whanell e, nello stesso anno, Death Sentence. Quest'ultimo è tratto da un romanzo di Brian Garfield, autore del libro da cui fu tratto Il Giustiziere della Notte; anche la trama di Death Sentence rimanda alla vendetta dura e cruda di un padre che cerca e uccide i colpevoli della morte del figlio. Entrambi i film contengono citazioni autoreferenziali e sono molto in basso nella mia classifica delle priorità, anche se forse il Kevin Bacon vendicatore del secondo merita una seconda chance. Decisamente più onirico è invece Insidious, con un Patrick Wilson, il Gufo Notturno di Watchmen, alla disperata ricerca dell'anima del figlio, in un mondo dominato da demoni e spiriti malvagi. Alla sceneggiatura c'è sempre Whannel e il film, pur non arrivando mai a livelli altissimi, è probabilmente uno dei meglio riusciti della coppia, tanto da meritarsi un sequel e un prequel, quest'ultimo per la regia dello stesso Whannell.
Di registro davvero è The Conjuring (2013). Il film è ispirato agli eventi a loro volta alla base di Amityville Horror e un fantastiliardo di altre pellicole su poltergeist ed esorcismi. Qui James Wan mostra di sapere omaggiare perfettamente i classici, che evidentemente conosce a menadito. Non copia né si lancia nel facile remake, ma crea e ripropone il feeling di certi horror del passato. The Conjuring, infatti, brilla di luce propria anche se le influenze sono perfettamente riconoscibili. È un buon successo e la carriera di James Wan fa un ulteriore passo in avanti, tanto che gli è affidata la regia del capitolo sette della saga di Fast & Furious, che butta giù i teatri di tutto il mondo, complice anche la triste dipartita del coprotagonista Paul Walker, morto a riprese non ancora ultimate. Non sono stato mai un fan della saga e quindi non posso esprimere un giudizio in merito, quello che so è che il settimo capitolo è uno dei film con gli incassi maggiori della storia del cinema. Quindi, se vi piacciono i motori e avete visto anche le sei pellicole precedenti, ingranate la marcia e gettatevi anche in questo. Forte del successo di Fast & Furious 7, per James Wan fioccano mille proposte. Le più appetitose sembrano quella di New Line, responsabile di una robetta come Il Signore degli Anelli: gli mette in mano un nuovo capitolo della serie Mortal Kombat, film tratto dal videogame omonimo (lo ricordo per i visitatori di altri mondi presenti tra voi) e la trasposizione di Castelvania (stesso discorso). Non solo: si parla anche di un adattamento della serie Robotech, l'anime giapponese di grandissimo successo; soprattutto, è attesissimo il suo Aquaman, che dovrebbe essere un pezzo importante del DC Cinematic Universe, insieme al Wonder Woman di prossima uscita e che seguirà l'ancora più atteso film sulla Justice Legue. La pellicola sul principe atlantideo è attesa nel 2018, mentre quello sulla super squadra è prevista per quest'anno. Vedremo se James Wan riuscirà a trarre da Jason Momoa qualcosa di buono e siamo curiosi di vedere se riuscirà a inserire le sue influenze horror all'interno di un cinecomic, non più di quanto (involontariamente) abbiano fatto altri finora.
di Alessandro Sparatore
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