«Avevamo tutto»

Fenomeno di fine anno appena concluso, Don’t look up è stato un imbuto in cui tutti sono finiti dentro, secondo solo a Squid game. Per settimane, infatti, è stato impossibile sottrarsi all’agone sul film di Adam McKay, proposto da Netflix.

Tutti ne parlavano

Era difficilissimo evitare di veder estorto il proprio parere sui social, nei bar o sul lavoro. Ovunque se ne parlava e a tutti sarà capitato di sentirsi rivolgere l’ossimoro «guarda Don’t look up!». E così, in tanti si sono sentiti in dovere, a un certo punto, d’esprimere un’opinione su una pellicola che, volenti o nolenti, s’è posta come sintesi di un anno particolarmente difficile e, per esteso, di un’epoca.

Un po’ di trama (se avete vissuto su un asteroide)

Due scienziati, interpretati da Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence, scoprono che un gigantesco asteroide sta per impattare contro la Terra, condannando l’umanità all’estinzione. Vogliono comunicare il pericolo imminente alla Presidente degli USA, ma si troveranno di fronte, increduli, a un’assoluta incapacità di comprensione del problema.

Le cose peggioreranno ulteriormente quando tenteranno di lanciare il grido d’allarme in televisione e quando il capo di una multinazionale prenderà in mano la situazione, allestendo una missione per ricavare dall’asteroide minerali preziosissimi, prima di deviarne la traiettoria lontano dal pianeta e senza permettere agli scienziati di verificare la correttezza dei calcoli.

Una satira feroce

Don’t look up, come in molti hanno già sottolineato, vuole essere una satira feroce dei tempi che stiamo vivendo. Oggi, a distanza di qualche tempo dalla sua uscita su Netflix, è inutile tornare sull’umanità vanitosa e vacua descritta dal film di Adam McKay, rappresentata in modo caricaturale da un cast eccezionale, che ha compreso anche Meryl Streep, Cate Blanchett, Mark Rylance, Timothée Chalamet e Ron Perlman.

Cosa abbiamo imparato

Abbiamo letto tante considerazioni, che giustamente hanno sottolineato quanto Don’t look up abbia puntato il dito contro un’umanità priva di rispetto per la scienza e per chi vi ha dedicato una vita intera. Più in profondità, altri hanno rimarcato come il film non si sia limitato solo a fotografare un presente abitato da no vax e da altre superstizioni, ma come si sia spinto a denunciare chiunque continui a infilarsi in bocca la canna di un’arma carica ogniqualvolta contribuisca a minare l’ambiente in cui vive.

Qui vogliamo sottolineare, invece, un altro effetto sortito da Don’t look up, precisamente sugli utenti che abitano i social. Innanzitutto, è stato difficilissimo trovare giudizi diversi da chi urlava al capolavoro e chi ne denunciava al contrario la pochezza. Insomma, le regole d’ingaggio non hanno previsto vie di mezzo ed è stato raro trovare chi ha descritto Don’t look up per quello che effettivamente era, una pellicola semplicemente piacevole, divertente, forse con una ventina di minuti di troppo e con alcuni spunti di riflessione interessanti.

Ma non erano social?

Addirittura, in molti hanno trovato fastidioso che così tante persone abbiano avuto voglia d’esprimere un parere sul film, tradendo la vocazione dei social quale fiera di fanatica pochezza e non luogo di confronto.

Alla fine, è stato un tutti contro tutti, in cui ognuno ha berciato la propria visione, senza ascoltare l’altro e dimostrando quanto Don’t look up abbia avuto ragione da vendere nel descriverci così miseri, non solo incapaci di guardare in alto, ma soprattutto dentro. L’asteroide è davvero l’ultimo dei problemi.