«Ci attende una missione!»

Previsto il 5 Marzo 2020, poi posticipato ad Aprile, è finalmente arrivato il nuovo film Disney•Pixar: Onward. Diretto da Dan Scanlon (Cars) e scritto da Jason Headley, Keith Bunin e il regista stesso, il film racconta un mondo fantasy piuttosto diverso rispetto a quello immaginato da Tolkien. Infatti, l’universo narrativo è molto simile ai giorni nostri, con automobili, città e pochissima magia. Se volessimo fare un paragone, ricorda molto quello di Bright, la pellicola di David Ayer con Will Smith, ma in questo caso non ci sono goffe metafore sul razzismo.

Onward, invece, è la storia di due fratelli orchi: Ian, un teenager timido, ma con la testa sulle spalle; Barley, il maggiore dei due, fissato con la mitologia fantasy classica e soprattutto col gioco di ruolo Quests of Yore, molto simile a D&D e tratto da eventi apparentemente reali. Un giorno, per il sedicesimo compleanno di Ian, la loro madre svela che il padre, morto prima di poter conoscere il ragazzo, ha lasciato un regalo. È un bastone magico che, insieme all’incantesimo compreso nel pacchetto, potrà far tornare in vita il papà per un giorno. Dopo vari tentativi, Ian riesce a far partire l’incantesimo ma, a causa della pietra difettosa che dava l’energia al bastone, riesce solo a materializzare le gambe. Disperati, Ian e Barley partono per una missione in cerca della pietra che potrà terminare l’incantesimo e finalmente rivedere o incontrare per la prima volta l’amato padre.

Onward possiede tutte le qualità per diventare un successo al botteghino. Grazie alla sua narrativa parodistica dell’iconografia fantasy, mista a un tipo di road movie già visto in passato, riesce a confezionare un’esperienza dal sicuro appeal. Sebbene il film sia d’ottima qualità, però, questo continuo giocare sul sicuro, soprattutto nei primi due atti, finisce per minare leggermente l’esperienza dello spettatore. La pellicola di Dan Scanlon, nonostante sia ben lontana dal non centrare il bersaglio, non riesce però a catturare l’attenzione in maniera magnetica. Dalle gag alla costruzione dei due fratelli, molte idee sembrano già viste, quasi scontate.

A non essere scontato è invece il finale. Quando tutto sembra essere perduto, il regista si ricorda di far parte di uno degli studi d’animazione più celebrati di sempre, dando una chiusura perfetta al film, senza la minima forzatura. Mentre si vede Onward, è possibile percepire lo schema cui gli sceneggiatori hanno approcciato la trama, eppure sono riusciti a chiudere un cerchio niente male e faranno versare più di una lacrima, come tradizione vuole.