«When you are lost in the darkness…»

Arriva oggi su Sky e NOW una delle serie più attese di questo nuovo anno, The last of us. Tratta dal celebre videogame di Naughty Dog, dovrà fare i conti con l’inevitabile paragone con un survival ricordato giustamente come uno tra i migliori ed emozionanti di tutti i tempi.

L’attesa dei fan

Puntuali, infatti, già alle prime indiscrezioni sono arrivate le inevitabili polemiche sulle scelte operate dalla produzione nell’individuazione del cast e via via fino ad alcuni snodi di trama differenti dal gioco originale che, ricordiamolo, nella caratteristica d’essere cinematico aveva uno dei suoi punti di forza, anche in termini narrativi.

La vicenda

Cerchiamo di capire, quindi, se il The last of us televisivo sia all’altezza della sua fonte originale e partiamo dalla trama. Vent’anni dopo una pandemia che ha trasformato la gran parte dell’umanità in una sorta di zombie, il contrabbandiere Joel si trova costretto a scortare una ragazza di nome Ellie fuori dall’insediamento dei sopravvissuti, per affrontare le zone contaminate e le sue insidie.

Una semplice consegna, però, si trasformerà ben presto in un viaggio terribile e carico di insidie e di segreti tra città fantasma, creature spaventose e un’umanità forse peggiore dei mostri nei quali s’è tramutata.

Un piatto a base funghi

A proposito dell’apocalisse zombie rappresentata dalla serie e del paragone col gioco, è stata anticipata dagli stessi creatori e sceneggiatori Craig Mazin e Neil Druckmann la modalità differente della sua propagazione rispetto a quella del videogame. Gli zombie di The last of us sono diversi da quanto visto finora, perché frutto della contaminazione del fungo Cordyceps, un parassita esistente in natura che per fortuna si limita a infettare i corpi di insetti e ragni.

Niente spore

Nel videogame, infatti, la velocità di propagazione del fungo, che in sintesi prende possesso dei corpi delle vittime rendendole automi finalizzati a riprodurre e diffondere il parassita stesso, era garantita dalla liberazione nell’aria delle spore. La serie di The last of us, invece, opta per una soluzione diversa, una rete tentacolare che penetra nei corpi e li trasforma in un burattini affamati nella mani di in una sorta di mente collettiva.

Questo escamotage è stato giustificato per motivi puramente di rappresentazione scenica, evitando così le numerose sequenze con le maschere antigas presenti nel gioco. Ci siamo dilungati su questo aspetto perché è il parametro forse migliore per valutare The last of us in questa veste seriale e per capire come valutarla.

Paesaggi stupefacenti

I 9 episodi complessivi di questa prima stagione, infatti, non sono discutibili sotto praticamente nessun aspetto. La ricostruzione delle città abbandonate e ormai inghiottite da una natura che sta riprendendo quanto toltole è stupefacente, così come la rappresentazione di un’umanità allo sbando e senza speranza, rinchiusa in villaggi governati con durezza, se non strozzati da regimi dispotici, e percorsi da rivolte.

Allo stesso modo, il cast che vede protagonisti Pedro Pascal e Bella Ramsey vede i due attori all’altezza dei rispettivi personaggi e il racconto della nascita del loro rapporto è favorito rispetto alla messa in scena dei momenti horror.

La fedeltà al gioco

Il vero confine sulla percezione di The last of us è dunque nel legame affettivo col videogame che ognuno di voi avrà maturato nel corso del tempo e di come vivrete le deviazioni prese dalla serie che, oltre alla modalità di trasmissione della pandemia, modifica anche alcune sottotrame e i background di altri personaggi secondari, pur omaggiando il titolo Naughty Dog e i suoi doppiatori in molti modi che vi lasciamo scoprire, senza rivelare nulla in più.