Clint Eastwood: la visione mai banale di un grande regista
Clint Eastwood
«Ciò che mi interessa più di ogni altra cosa nel lavoro e nella vita è la ricerca della verità».
Make our day
Devi scrivere su Clint Eastwood e non sai da dove iniziare, perché ti trovi di fronte una montagna di informazioni. Date, nomi, film, candidature, premi: una cima difficile da raggiungere. Come un bambino in un negozio di caramelle che applica la formula All you can eat, sono rimasto paralizzato per buoni dieci minuti, pure con l’ansia del foglio bianco a montare rapidamente.
La trilogia del dollaro
Gli inizi della sua carriera come attore si legano al filone Western e alla mitica serie Rawhide, incentrata sulle avventure di un gruppo di cowboy e della mandria da loro guidata lungo i pascoli americani. Rawhide è il soprannome dato al personaggio interpretato dal giovanissimo Clint Eastwood. E proprio mentre è ancora impegnato con Rawhide, riceve una proposta per girare un western di produzione italo-tedesco-spagnola. Legge la sceneggiatura e sa che è ispirata a un film di Akira Kurosawa, le cui opere avevano a loro volta ispirato I magnifici sette, un enorme successo. Pur con riserve sulla regia affidata a un italiano, accetta la parte e diventa l’uomo senza nome di Sergio Leone e della sua trilogia del dollaro.
Il successo in Europa, le critiche negli USA
Si gira quindi Per un pugno di dollari e diventa un successo internazionale. Le riserve iniziali di Clint Eastwood scompaiono quand’è riconfermato per il secondo capitolo della saga. Per qualche dollaro in più non delude le aspettative, anche se non è inizialmente distribuito negli USA; pure il terzo e ultimo film, Il buono, il brutto e il cattivo, sbanca in Europa e lancia Clint Eastwood nell’Olimpo dei volti più noti del vecchio continente. Quando finalmente i western di Sergio Leone arrivano negli USA, il botteghino li premia e la critica li stronca, in primis soprattutto per l’interpretazione di Clint Eastwood, definita legnosa e monocorde. Lo stesso Sergio Leone, scherzando, aveva dichiarato che gli piaceva Eastwood perché aveva solo due espressioni: col cappello e senza.
Negli anni ’70, invece, il nome di Clint Eastwood si lega a un altro filone e a un altro eroe. Parliamo di Harry Callaghan dei film della serie Dirty Harry o, se preferite, della serie dell’Ispettore Callaghan. La saga action poliziesca va avanti fino al 1988 e ognuno dei film si difende al botteghino. Coraggio… Fatti ammazzare, quarto della serie e l’unico con Clint Eastwood anche in veste di regista, incasserà più di ogni altro e perfino Ronald Reagan citaterà la frase tormentone durante le elezioni presidenziali del 1984.
Da attore a regista
Si vociferava di una trasposizione videoludica del personaggio e siamo andati in fibrillazione, soprattutto quando abbiamo scoperto che Clint Eastwood avrebbe doppiato la sua controparte digitale, ma poi il tie in è stato cancellato ed è rimasto solo un trailer. Un altro problema nello scrivere di Clint Eastwood riguarda la sua collocazione: attore o regista? Perché evidentemente dopo la prima esperienza dall’altro lato della camera deve averci preso gusto e gli ultimi anni della sua carriera sono caratterizzati da film da lui firmati. Tutti di livello e sovente mai banali.
I primi film
Il nuovo millennio è inaugurato con Space cowboys (2000). Clint Eastwood, Tommy Lee Jones, James Garner e Donald Sutherland sono gli improbabili eroi ingaggiati dalla NASA per riportare in orbita un satellite russo. Racconta di quattro vecchietti e il sottotesto urla a gran voce quanto la generazione precedente fosse più tosta di quella odierna. Il film è piacevole e s’è guadagnato critiche parecchio positive tra gli appassionati.
Nel 2003 le cose si fanno dannatamente serie: è il turno di Mystic river, due Oscar agli attori protagonisti Sean Penn e Tim Robbins e nomination come Miglior Film e Miglior Regia. Decisamente meglio nel 2004, quando Million dollar baby si prende Miglior Film, Miglior Regia, Migliore Attrice Protagonista e Miglior Attore Non Protagonista.
I film sulla guerra
Arrivano poi i due film sulla Seconda Guerra Mondiale vista dalla parte degli americani, con Flag of our fathers, e da quella dei giapponesi, con Lettere da Iwo Jima. Entrambi raccontano un episodio particolare della guerra, cioè la conquista dell’isola di Iwo Jima, considerata strategicamente fondamentale per lo svolgersi della guerra. Se il primo mostra la macchina della propaganda americana, il secondo si concentra più sull’onore del campo di battaglia. Se quindi Flag of our fathers critica aspramente la società americana dell’epoca, Lettere da Iwo Jima ci restituisce una visione più intima della guerra, in ogni caso il reale nemico da abbattere.
Storie mai banali
Nuovi successi nel 2008 con Gran Torino e con Changeling, ispirato alla storia vera della sparizione del giovane Walter Collins, con una Angelina Jolie in splendida forma. Ricordiamo, poi, anche Invictus, biopic su Nelson Mandela, e Hereafter, con il quale Clint Eastwood esplora il tema della morte; ancora J. Edgar, sull’ambiguo e temutissimo capo dell’FBI Hoover, fino ad arrivare ai recenti e discussi American sniper, Sully, Ore 15.17: attacco al treno, The mule e Richard Jewell. Tutti titoli enormemente familiari, a indicare quanto il Clint Eastwood regista ci piaccia come il Clint Eastwood attore. Raramente, infatti, abbiamo colto una visione così precisa e in crescita costante, qualunque fosse il genere con la quale essa si confrontava.
Clint Eastwood ha una sensibilità particolare, forse spiccia per alcuni versi, decisamente interessante in altri. Lo si capisce bene dai progetti cui sceglie di dedicarsi, i quali mostrano tutti una qualche forma d’impegno politico. L’uomo è repubblicano, ma non si considera un conservatore. È favorevole a nozze gay, eutanasia e aborto ed è un convinto sostenitore dell’isolazionismo americano, avendo anche dichiarato a proposito: «Gli Usa non dovrebbero esportare la democrazia in paesi che possono vivere in pace solo sotto dittature». D’accordo o meno con il suo pensiero, resta un fatto: la sua visione e il suo modo di riflettere su società e andamento delle nostre vite è di una lucidità disarmante e mai banale.