«È un giovedì come un altro»

Sulla scia di tanti film del passato che hanno proposto una sfida tra due grandi nomi di Hollywood, The gray man è un action che vede contrapposti Ryan Gosling e Chris Evans. Disponibile su Netflix dopo una settimana al cinema, è una spy story tra le più classiche.

Gli Agenti Sierra

Ryan Gosling è un detenuto cui è offerta la possibilità d’entrare in un progetto segreto della CIA: diventerà un Agente Sierra, il Numero 6 per l’esattezza, un uomo utile per tutte quelle operazioni da svolgere in una zona grigia, da cui il titolo del film, e che l’Agenzia non può affidare ad altri.

L’immancabile complotto

Durante una missione d’eliminazione di un uomo, Sierra Six, nome in codice dell’agente, entra in possesso di un file al centro di un complotto che sembra coinvolgere le più alte sfere della stessa CIA. L’uomo diventerà a sua volta l’obiettivo da eliminare e sulle sue tracce saranno sguinzagliati i peggiori sicari del pianeta, guidati dal più letale in assoluto, un amante della tortura e della violenza gratuita, affidato ai baffetti di Chris Evans.

The gray man è firmato dai Fratelli Russo è ha beneficiato di un imponente battage pubblicitario e una campagna social in Italia attraverso la quale pubblico e stampa si sono ritrovati a Roma, all’Auditorium Conciliazione, per un’anteprima con bartender, DJ e tartare di scottona. Colpisce questa importanza data da Netflix a un titolo che, tutto sommato, non offre nulla di nuovo, sebbene sia firmato da chi ha fatto le fortune dell’MCU.

Una missione impossibile

A complicare la vita di Sierra Six, braccato ovunque vada mentre tenta di decriptare il file del quale è entrato in possesso, concorre la necessità di salvare la vita della giovane figlia del suo mentore, rapita dai nemici nel più classico dei tentativi di ricatto. Insomma, tutto sembra andare verso la proverbiale missione impossibile.

In giro per il mondo

The gray man porta gli spettatori in giro per il mondo, in un susseguirsi d’azione e acrobazie che vedono il meglio nelle sequenze ambientate a Vienna, al cui centro si snoda per la città un tram senza più controllo, teatro di combattimenti all’arma bianca e rincorse tra automobili lanciate a tutta velocità.

La prima parte del film è la più accattivante e presenta un Ryan Gosling chiamato a interpretare un agente perfetto, in grado d’usare ogni arma e ogni contesto ambientale in suo favore. L’attore, però, pecca d’inespressività, forse per caratterizzare il suo personaggio di freddezza e sangue freddo da sfoggiare in ogni situazione.

Adorabile Chris

A colpire è, invece, Chris Evans, nei panni di un mercenario folle e privo di qualsiasi morale: elegante, raffinato e con un baffo da aristocratico britannico, è una spanna sopra al suo compagno di scena, in ogni momento.

La sospensione dell’incredulità

Ma il limite vero di The gray man non è tanto nella differente capacità di bucare lo schermo dei due protagonisti, né in un canovaccio tutto sommato visto e rivisto, tra combattimenti e doppi giochi prevedibili, quanto in alcune cadute di sceneggiatura che lasciano crollare la sospensione dell’incredulità.

Noi siamo un pubblico semplice e nel tempo abbiamo imparato ad accettare atterraggi da aerei in picchiata a bordo di canotti, per esempio; per trent’anni non ci siamo posti troppe domande sulla falla strutturale della Morte Nera. Non possiamo accettare, però, che un indizio scritto a penna sulla mano risulti ancora perfettamente leggibile dopo un serrato combattimento con diverse armi da fuoco, da lama, scambi di colpi a mani nude e piroette su pali e transenne. The gray man vive di queste imprecisioni e, complice l’interpretazione piatta del suo protagonista, scivola nel grigio.