«Meno faccia»

Negli anni ’80, tra i telefilm partoriti da quel benefattore di una generazione che risponde al nome di Glen A. Larson, ce n’era uno di minor successo in Italia rispetto ad altri, ma molto amato da un certo numero di fan. Si trattava di Professione pericolo, The fall guy in originale.

Dal telefilm al film

La storia, andata avanti per 5 stagioni e 112 episodi, seguiva le gesta di due stuntman sul set e fuori dai teatri di posa, perché dediti all’attività parallela di cacciatori di taglie. Le doti acrobatiche erano messe al servizio delle missioni e del pubblico televisivo, ovviamente, e un altro mezzo era consegnato alla memoria delle quattro (e due) ruote divenute icone di un’epoca, accanto a KITT e al furgone dell’A-Team. Si trattava di un altro GMC, lo stesso pick-up nel quale siede oggi Ryan Gosling, nel film di David Leitch.

Da stuntman a stuntman

Il regista, stuntman nel passato e da noi ricordato soprattutto per la regia di Atomica bionda e Deadpool 2, confeziona una commedia action praticamente perfetta, capace d’intrattenere, divertire e, al contempo, omaggiare le produzioni di genere, tra citazioni e tantissime sequenze mozzafiato.

Colt Seavers è tra gli stuntman più richiesti, controfigura della star del momento, Tom Ryder. Durante le riprese, però, subisce un grave infortunio e sarà costretto a rimanere a lungo lontano dal set, abbandonando anche l’amore della sua vita. L’occasione di riconquistare entrambi, però, arriva inaspettata con una telefonata della manager di Tom Ryder: la star è scomparsa e lo stuntman dovrà essere la sua controfigura e indagare sull’accaduto, senza che la regista scopra qualcosa. Ovviamente, dietro la macchina da presa c’è proprio il suo amore perduto.

Di nuovo sul set

Ryan Gosling, pompato e sornione più del solito, perfetto nella parte, è il protagonista di una film che ci conduce anche nel dietro le quinte della costruzione di un colossal, in questo caso la pellicola fittizia girata con fatica dal personaggio interpretato da Emily Blunt. L’escamotage è divertente e funziona, soprattutto nei numerosi passaggi in cui The fall guy prende in giro il mondo del cinema, e dunque se stesso

In una sorta di Boris in salsa americana, il film omaggia anche una professione (pericolo), ripresa poi nei deliziosi titoli di coda. In The fall guy, infatti, non troveremo un’attrice italiana avvisarci con un flebile sussurro dell’arrivo di un camion, ma ci salteremo sopra mentre è lanciato a tutta velocità, o lo faremo saltare per aria, o lo faremo volare per ottanta metri.

Ricchissimo di quella azione di una volta fatta di esplosioni, combattimenti a mani nude, inseguimenti e una quantità indefinibile di cadute, tutte sempre seguite dallo stesso mugolio di Ryan Gosling, The fall guy si snoda leggero e piacevole, piazzando un paio di colpi notevolissimi sul finale, in un crescendo costante, fino alla scena post credit.

La vecchia scuola

David Leitch, più del semplice remake, opta per un film dedicato alla vecchia scuola, in un’operazione che ricorda quanto fu in grado di fare la pellicola di Stursky & Hutch, invece tributata a un’epoca. Il risultato è sorprendente e azzeccatissimo e si esce dalla sala col sorriso.