Rutger Hauer: i tre ruoli indimenticabili che più abbiamo amato

primo piano di rutger hauer - nerdface

Rutger Hauer

primo piano di rutger hauer che si rompe una bottiglia in testa - nerdface - nerdface

«Good guy or bad guy, hero or anti hero: doesn’t matter to me, what role I play only the character have something magical».

Il buono, il trash e i cattivi

Diciamo la verità: non sarebbe né edificante per chi legge, né divertente per chi scrive, se Nerdface decidesse di celebrare uno dei più grandi attori del nostro cinema preferito sprosciuttandosi nel solito elenco di tutti i ruoli che il magnifico Rutger Hauer ha interpretato. Solo in sala contiamo 116 titoli in cui il biondo olandese ha fatto la sua comparsa, dal 1973 al 2018, in una carriera sconfinata, iniziata solo dopo una breve parentesi nella Marina Militare, abbandonata dopo pochi mesi per evitare d’usare armi, e un lungo periodo in Svizzera, dove lavorò come guida alpina e macchinista di teatro.

Una carriera altalenante

Una carriera altalenante, la sua, tra film di culto, blockbuster e vere e proprie buste. Ha visto Rutger Hauer prestare il proprio talento, con lo stesso impegno, tanto a profeti dell’action movie, come il pazzesco connazionale Paul Verhoeven o Ridley Scott, quanto a maestri indiscussi della cinematografia, come Ermanno Olmi. Sarebbe senz’altro proseguita ancora, di pari passo al suo impegno sociale d’ambientalista, se non se ne fosse andato un po’ troppo presto.

Tre ruoli scelti per voi

Per una degna celebrazione, Nerdface ha deciso allora di dedicare un ricordo a tre ruoli da protagonista che hanno reso Rutger Hauer l’eroe che è per la nostra categoria: personaggi che, in un modo o nell’altro, hanno tracciato un segno profondo nel nostro immaginario e nei nostri ricordi, rivisitando quelle caratterizzazioni rese universali da Sergio Leone: il buono, il trash e i cattivi.

Ladyhawke

Étienne Navarre è il buono. In sella a un focoso stallone nero, armato con la spada di famiglia sulla cui elsa una gemma è incastonata per ogni impresa compiuta dai suoi avi, vaga in un non meglio precisato Medioevo, ricostruito nei più bei borghi e castelli d’Italia, accompagnato da un falco e da una colonna sonora fichissima, composta da Andrew Powell, già membro dell’Alan Parsons Project.

rutger hauer con un falco sul braccio in ladyhawke - nerdface

È il 1985, l’anno d’oro di Richard Donner che, insieme a I Goonies, firmerà la regia di un capolavoro indiscusso del cinema fantasy: Ladyhawke. Cupo, brusco nei modi, sempre vestito di nero, Étienne sembra essere l’ennesimo esponente della categoria Eroi Solitari, ma sarà solo facendo comunella col «topo» Philippe Gaston, interpretato da Matthew Broderick, e condividendo con lui il suo terribile segreto, che riuscirà a spezzare la maledizione che il pessimo vescovo di Aguillon (Aquila, nella versione originale) ha gettato su di lui e sulla sua innamorata.

Cupo, ma a ragione!

Di giorno lei è un falco, lui un uomo; di notte lei una donna, lui un lupo. Provateci voi a non essere cupi, bruschi e pure un po’ incazzati quando vi costringono a girare con Michelle Pfeiffer all’apice del suo splendore e non poterla né vedere, né toccare. Un’interpretazione impeccabile, una storia originale e un’ambientazione curatissima hanno reso l’ex Capitano Navarre un pilastro degli eroi nerd.

Furia cieca

Nick Parker è il trash. Il cinema ci ha spiegato che partire per il Vietnam cambia profondamente le persone: si può tornare in grado di portare un’intera cittadina all’inferno, come fa Rambo; senza l’uso delle gambe, come Ron Kovic in Nato il quattro luglio; oppure campione della squadra di ping pong dell’esercito, come in Forrest Gump.

primo piano di rutger hauer con occhiali a specchio in furia cieca - nerdface

Nick Parker, vagamente ispirato al mitico Zatōichi, personaggio letterario e cinematografico giapponese, ci ha dimostrato che dal Vietnam si può tornare completamente ciechi, ma perfettamente addestrati a utilizzare la spada nascosta nel proprio bastone.

Contro ogni logica, ma bellissimo

Le avventure di Nick Parker in Furia cieca, diretto da Philip Noyce nel 1989, sono un tripudio di scene d’azione, superiorità della disciplina e dell’addestramento sulle armi d’ogni calibro di un cieco su un’intera cosca malavitosa ma, soprattutto, del trash su ogni forma di logica. La scena della spada gettata dall’auto in corsa è semplicemente stupenda. Irripetibile.

Blade Runner

E ora veniamo ai cattivi, il pezzo forte di Rutger Hauer, che ha saputo interpretare dei villain davvero di prim’ordine, avendo dalla sua, oltre alla bellezza nordica, spigolosa e al suo sguardo di metallo, la capacità d’offrire un ghigno beffardo non solo credibile, ma anche difficilmente imitabile.

Una prima carrellata di cattivi

E prima d’arrivare al ruolo che, secondo noi, ha travalicato gli schermi ascendendo il nostro olandese al mito, si devono menzionare Martin, avido mercenario protagonista di L’amore e il sangue di Paul Verhoeven (1985) e John Ryder, lo scellerato autostoppista che nessuno vorrebbe incontrare di The hitcher: la lunga strada della paura, diretto da Robert Harmon nel 1986. Ma è con Roy Batty, il brutale, spietato ma intensissimo replicante assassino di Blade runner che Rutger Hauer raggiunge il culmine.

primo piano di rutger hauer in blade runner - nerdface

Ridley Scott aveva preso in mano, nel 1982, il romanzo Il cacciatore di androidi, anche noto come Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, di Philip K. Dick, un genere di fantascienza matura, in cui tecnologia e astronavi servono solo a fare da cornice a profonde riflessioni sull’individuo e la sua coscienza.

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Differentemente dagli altri ruoli, per cui fu complicato scegliere il giusto attore, Ridley Scott scelse Rutger Hauer senza nemmeno fargli un provino, basandosi semplicemente sulle interpretazioni dell’attore nei tre film girati fino ad allora con Paul Verhoeven (Keetje Tippel, Soldato d’Orange e Fiore di carne) e ricevendo la benedizione dello stesso Philip K. Dick, che definì Rutger Hauer «il perfetto Roy Batty: freddo, ariano e senza difetti».

Il resto è storia

Il resto è storia. «Essere parte di un vero capolavoro che ha cambiato il modo di pensare del mondo: è magnifico», ebbe a dire anni dopo l’attore, il quale mise davvero l’anima nel replicante, riscrivendo gran parte delle proprie battute e arrivando a modificare quel monologo finale che ha incantato generazioni di sognatori.

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Come cerchiamo indegnamente di testimoniare con queste parole, né il suo ricordo, né nessuno dei momenti che ci ha regalato con le sue interpretazioni è andato perduto «come lacrime nella pioggia».

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